Roberto Manzano Díaz - Cuba
- almanacco
- 20 giu
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 23 giu
Roberto Manzano è uno dei poeti più importanti nel panorama attuale della poesia cubana. I suoi versi sono semplici e delicati e le sue atmosfere sempre in bilico tra realtà e spiritualità. È uno dei poeti più seguiti dai giovani dell’isola.
Antonio Nazzaro

Così spiega il poeta cubano Roberto Manzano la sua idea di poetica: “La poesia è la rappresentazione del mondo interiore attraverso l'iscrizione di immagini simultanee in parole sequenziali. Ecco perché dico sempre che nella scienza della traduzione ci sono molte spiegazioni dei problemi psicologici della rappresentazione creativa”.
Il piacere di vedere sul tavolo…
Il piacere di vedere sul tavolo certi frutti riuniti come petali, loro saturano gli occhi, avidi del colore diverso della vita;
ma mi piace di più vedere il tuo sguardo di semi, le tue mani nelle mie mani, palpare con i miei polpastrelli il ritmo intermedio dei tuoi seni;
sentire lo sfiorare della bellissima frutta del tuo ventre, curva e auspicale, quel geoide affascinante che offrono i tuoi fianchi;
il tuo ventre equidistante da tutto, distribuisce architetture deliziose, centralità del mondo, Macchu Pichu del cielo;
dal tuo ventre partono spedizioni invisibile, le corde spumose della grazia, i fuochi
fragranti del fervore;
nel tuo ventre canta la spirale del tuo ombelico, pozzo di Lilliput, moneta concava, occhio primario della vita;
il tuo ventre si chiude in alto, si stringe contro le tue viscere fino a diventare una fascia e una cerniera di una mossa eloquenza;
la pelle del tuo ventre è come un lucido anello, come una trasparenza di conchiglia rosata, come un palato celeste;
verso l’alto il tuo ventre è solidale e si prolunga in due colline strabiche fino a dove corre l’ansiosa bocca;
verso il basso il tuo ventre si apre dallo scarabeo scuro del pube in due litorali dove far dimorare le labbra;
il tuo ventre è un tenero mietitore, tutto coordina e allunga fino all’edificazione sotterranea del figlio;
il tuo ventre vaglia il pianeta, come un pendolo ad acqua, gira sugli slanci ritmici del dare,
il tuo ventre cresce fino a fianchi con la stessa volontà delle guaiave, con la stessa estensione delle comete;
nel tuo ventre mi lancio, sotto le tue mani di gladiolo, per sentire come un indiano che bisonti di tenerezza porta l’orizzonte.
*
Gusto de ver sobre la mesa…
Gusto de ver sobre la mesa ciertas frutas agrupadas como pétalos, pues ellas saturan los ojos, ávidos del color diverso de la vida;
pero me gusta más ver tu mirada de semilla, tus manos en mis manos, palpar con mis yemas el ritmo intermedio de tus senos;
sentir el roce de la hermosa fruta de tu vientre, curvada y promisoria, ese geoide fascinante que ofrece tu cintura;
tu vientre equidista de todo, distribuye arquitecturas deliciosas, centralidad del mundo, Macchu Pichu del cielo;
desde tu vientre parten expediciones invisibles, los cordeles espumosos de la gracia, los fósforos fragantes del fervor;
en tu vientre canta la espiral de tu ombligo, cenote de Liliput, moneda cóncava, ojo primario de la vida;
tu vientre se clausura arriba, se ciñe contra tus vísceras hasta que es una faja y un gozne de movida elocuencia;
la piel de tu vientre es como una pulida sortija, como una transparencia de caracol rosado, como un paladar celeste;
hacia arriba tu vientre es solidario y se prolonga en dos colinas estrábicas hacia donde corre ansiosa la boca;
hacia abajo tu vientre se abre desde el abejeo oscurecido del pubis en dos litorales donde demorar los labios;
tu vientre es un blando cosechero, todo lo coordina y expande hacia la edificación soterrada del hijo;
tu vientre zarandea al planeta, como un péndulo líquido, gira sobre los arranques rítmicos de la entrega;
tu vientre crece hacia los costados con la misma voluntad de las guayabas, con la misma amplitud de los cometas;
a tu vientre me echo, bajo tus manos de gladiolo, para oír como un indio qué bisontes de ternura trae el horizonte.
**
A volte alle ultime luci della sera…
A volte alle ultime luci della sera, escono poco a poco dalle stazioni i poveri e oscuri treni;
Sono metallici e sporchi, strapieni di esseri di fretta che tacciono mentre il fischio saluta le banchine;
e gli ultimi pezzi di giornale corrono per il cemento, sotto le scarpe, fino a cadere verso le rotaie luccicanti;
e allora, tra la luce ridotta della sera, una certa luce zafferano e un odore triste, si perdono le ultime auto;
ed io sono il viaggiatore, sempre sono il viaggiatore, l’uomo appoggiato. meditabondo, che è in piedi sul predellino;
sono il viaggiatore che è partito e non è arrivato mai, che cerca il vano dentro la galleria dei treni;
e allora dico addio a tutti, addio a me stesso, sto dicendo addio, muovendo il fazzoletto utopico;
e ho una linga vita dietro e una lunga speranza davanti, e un’oppressione dolorosa dentro il cuore che tanto canta;
a volte sono di nuovo, sempre sono di nuovo quel bambino contadino che vedeva passare i piccoli treni neri dell’infanzia;
e come è possibile che io sia ancora quel bambino, che abbia dentro lo stesso viaggio della feritrice nostalgia?
sono cose che non fanno bene nell’evoluzione dei destini, perché fa molto male
conservare questa fugacità addormentata;
è meglio andare di auto in auto scherzando con il resto delle persone assorte, con i vicini distratti;
è meglio togliere gli occhi dal paesaggio, già sillabato come un salmo visivo, come una solfa monotona;
o affondarli nei vicini recinti, che uniscono pieni di fretta i loro pali fiorirti, i loro cappi neri;
o entrare nell’anima, viaggiatrice lenta, che attraversa con i suoi fagotti l’inconsistente mentre le scintille delle rotaie copiano i primi bagliori di Venere!
*
A veces, con las últimas luces de la tarde…
A veces, con las últimas luces de la tarde, van saliendo poco a poco de las estaciones los pobres y oscuros trenes;
son metálicos y sucios, atestados de seres presurosos que callan mientras el silbato se despide de los andenes;
y los postreros trozos de periódicos van corriendo por el cemento, por debajo de los zapatos, hasta que caen hacia los rieles brillantes;
y entonces, entre la luz sesgada de la tarde, cierta luz de bijol y aroma triste, se van perdiendo los últimos coches;
y yo soy el viajero, yo siempre soy el viajero, el hombre recostado, meditabundo, que está parado en el estribo;
soy el viajero que ha partido y que no ha llegado nunca, que busca lo ilusorio dentro del túnel de los trenes;
y entonces digo adiós a todos, y adiós a mí mismo, y estoy diciendo adiós, moviendo el pañuelo utópico;
y yo tengo una larga vida detrás, y una larga esperanza delante, y una opresión dolorosa dentro del corazón que canta mucho;
y a veces soy de nuevo, siempre soy de nuevo aquel niño rural que veía pasar los pequeños trenes negros de la infancia;
y cómo es posible que yo sea todavía aquel niño, que yo tenga por dentro el mismo viaje de heridora nostalgia?;
son cosas que no están bien en la evolución de los destinos, porque duele mucho conservar esa fugacidad dormida;
es mejor ir de coche en coche bromeando con los restantes ensimismados, con los prójimos distraídos;
es mejor sacar los ojos al paisaje, ya deletreado como un salmo visual, como una copla monótona;
o hundirlos en las cercas próximas, que van uniendo llenas de prisa sus postes florecidos, sus muñones negros;
o entrar hacia el alma, viajera lenta, que cruza con sus bártulos por lo aéreo mientras las chispas de los raíles copian los primeros destellos de Venus!
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Sono come una bella signora che conduce un carro carico
di frutta tirato dalle vacche: il mio ventre fecondo canta sotto
la luna e si apre sotto il sole: nei miei occhi si ascolta
lo scendere della pioggia.
*
Soy como una bella señora que conduce un carro cargado
de frutos tirado por vacas: mi vientre fecundo canta bajo
la luna y se abre bajo el sol: en mis ojos se escucha el
descenso de la lluvia.
Roberto Manzano Díaz (Ciego de Ávila, 1949) si è laureato in Letteratura e Spagnola a Camagüey nel 1988. Ha conseguito un Master in Cultura Latinoamericana presso l'Università di Camagüey e il Centro Nicolás Guillén, 1999. Ha curato, illustrato e ideato diversi libri e riviste. Tra le sue raccolte di poesie più importanti ricordiamo: Canto a la sabana, Tablillas de barro, El hombre cotidiano, Transfiguraciones, Pasando por un trillo y El racimo y la estrella. Il suo libro Synergos ha vinto il premio di poesia Nicolás Guillén nel 2005. È autore della vasta antología: El bosque de los símbolos. Patria y poesía en Cuba (Ed. Letras Cubanas, 2010).
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