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Costruire su macerie: Alessandro Assiri

  • almanacco
  • 6 giorni fa
  • Tempo di lettura: 2 min

 

 



Sappiamo che la Poesia è per definizione indefinibile, cioè non distinguibile per temi o stili. Tuttavia, la pratica quotidiana, che è sempre un confronto diretto con il Canone (concetto sfuggente e controverso ma inevitabile in qualunque discorso critico), è giocata sulla tensione tra l’esigenza di riconoscibilità di un testo come Poesia e l’indispensabile ricerca personale, cioè la necessità di trovare la propria voce all’interno di questo territorio difficilmente mappabile.

 

Quale è, secondo te, il punto di equilibrio fra queste diverse esigenze, che possiamo forse definire Tradizione e Innovazione?

 

Ho sempre creduto che innovazione e tradizione non fossero scindibili, non esisterebbe futuro se non esistesse un patrimonio culturale che lo determini.  Nello stesso modo in cui nella mia formazione pittura e scrittura sono sempre state strettamente legate. Quando dipingo non faccio altro che una scrittura torrenziale interrotta da lacune disordinate.


 

Quale è, nella tua esperienza, il senso e la specificità del fare poesia oggi? In quale modo pensi che il tuo lavoro si inserisca in questo ambito, alla luce delle tue più recenti pubblicazioni?

 

Dipingo la caducità insoddisfatta ogni goccia é per me solo un libro che finisce. Le parole frammentate le nutro di colore, quando dipingo mi confesso e quando scrivo espio. Una materia scomposta e multiforme del mio diario inquieto . Cerco nella tela un congedo dai miei convenevoli, in qualche modo se dipingo mi invento, prendo forma e mi restituisco a una disssoluzione . La pittura é una diagnosi di una follia che la scrittura tenta solo di placare. Smetto solo dipingendo di essere aderente al creatore a cui scrivendo parlo. Credo che l’arte tutta sia un atto politico, ho scritto spesso di rivoluzioni perse, mancate per un soffio cercando sempre una sorta di risposta generazionale che potesse rendere il mio dire più oggettivo, mi piace la memoria collettiva, la ritengo l’unico espediente che mi permette di evitare la noia di scrivere di me. Le rare volte che mi chiedo a cosa somigli la mia scrittura oggi, la paragono a una assemblea di condominio, ma forse non è altro che una riunione di soggetti tipo AA alla quale provo a dar voce. Penso che negli ultimi lavori abbia parlato di più il mio tentativo di elaborare lutti, di aggiustare quell’orfanitudine da cui mi sento afflitto e quella stanchezza che abita il presente. Se dovessi sintetizzare in un 4 righe sarebbero queste

 


Puoi presentare un testo che ti pare rappresentativo della tua poetica e spiegare brevemente perché?



 

Che meraviglia non esser stato genio in niente

 

Ma solo mezza tinta di un grigio tra la gente

 

Per smettere di urlare è ancora troppo presto

 

E allora mi rifugio tra le pagine di un testo

 




Alessandro Assiri nasce a Bologna nel 1962 vive tra Trento, Bologna e Parigi. Si occupa a vario titolo di letteratura e pro getti culturali per editori italiani e francesi. Collabora con rivi ste letterarie cartacee e telematiche. Ha all’attivo numerose pubblicazioni di poesia e critica. Vive al bar dove scrive e di pinge. Il suo ultimo lavoro in poesia è Abitarmi stanca (puntoacapo Editrice, 2023).


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