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#pietredifiume - Marzo 2024

Arte e Fiaba: la produzione pittorica di Emilio Tadini e le manifestazioni dell’arte.

Chiara Materazzo



Fiaba - Emilio Tadini Archivio Emilio Tadini

presso Casa Museo Spazio Tadini, Milano




Nella serata allo Spazio Tadini di Milano, dedicata alla Poesia e alla Fiaba e organizzata dal collettivo Societry, con la presenza del narratore Antonio Moresco e del poeta Mario Santagostini, il mio intervento ha posto l’attenzione su due aspetti tipici della fiaba, la formula di apertura e di chiusura, “C’era una volta” e “Vissero felici e contenti”, mettendo in relazione la produzione pittorica di Tadini e le manifestazioni più o meno recenti dell’arte riferibili alla fiaba.


Per Tadini c’era una volta un altrove, una dimensione magico ludica, che é fatta di parole e segni, di realtà e irrealtà, in cui non c’è giudizio logico ma una narrazione poetica e visiva, che vive nel qui e ora, che pone dubbi e domande nel caos e nella confusione, in cui l’inverosimile diventa possibile.

Chi racconta fiabe é profeta del futuro, la grandezza della fiaba sta infatti nel poter rappresentare ciò che non è rappresentabile e in questo c’è una somiglianza con la poesia. Cito un breve saggio “Fiabe della pittura”, libro d’artista, oggetto d’arte, in cui l’autore esplora il rapporto tra parole e segno, concetto e immaginazione. Vi sono all’interno una serie di immagini tratte dal mondo del fiabesco come scimmie, cani, biciclette che entrano fisicamente all’interno dello spazio delle parole.

Per Tadini infatti prima del simbolico c’è l’immaginario e l’immaginario è strettamente legato al desiderio. La lingua della fiaba é comprensibile, é un linguaggio comune tra noi e il mondo, come avviene in Italo Calvino (lo scorso Ottobre è stato il centenario della nascita e l’autore è’ stato celebrato con mostre come quella alle Scuderie del Quirinale “Favoloso Calvino”, conclusasi nei primi giorni di Febbraio, in cui tra l’altro sono stati esposti disegni preparatori di Emilio Tadini di un racconto di Calvino, L’origine degli uccelli). Il pensiero di Tadini è un pensiero per immagini come per Young che negli anni Trenta si interessa al mondo del mito e della fiaba e nel saggio Gli archetipi dell’inconscio collettivo afferma che la fiaba presenta archetipi che sono tratti della nostra personalità: l’ansia, la paura, il desiderio del riscatto, la bestialità, la perdita, il dolore, la violenza, l’attaccamento genitoriale. Emilio Tadini realizza il ciclo della fiaba alla fine degli anni Novanta. Tutte le opere sembrano variazioni sul tema, penso alla musica, a Paul Klee, alle Variazioni Goldberg composte nel Settecento da Bach, trenta variazioni su tema come architettura della musica. Così avviene nell’architettura pittorica di Tadini, in cui è presente spesso il tema della città, (ricordiamo che con Mario Santagostini alla fine degli anni Ottanta realizza un catalogo sulle città italiane), che si sviluppa in verticale, rimanda al futurismo di Sant’Elia o alla locandina del film Metropolis di Fritz Lang.

Le costruzioni fanno pensare alla Torre di Babele, edificata per avvicinarsi a Dio. Tadini non era credente ma attento indagatore della filosofia. La poetessa Alda Merini lascia un ricordo di lui, scomparso nel 2002, parlando di un uomo che ha scritto “favole crepitanti”, che scricchiolano in questo sogno che rimanda sempre al cielo.  Spesso il pittore divide le opere in due parti con un taglio metafisico; gli sfondi sono spirituali, il cielo può essere acceso, rosso, verde scuro e i colori utilizzati sono colori primari, forti ma non violenti. Ancora Umberto Eco afferma che Tadini usa il colore con gioia. Una delle opere più famose di Henry Matisse, esponente principale della corrente dei Fauves, é La gioia di vivere, oggi a Filadelfia. Anche Renoir era detto il pittore della gioia, ma la gioia sottende spesso un’inquietudine. Da una parte viene rappresentato il mondo reale, dall’altra l’inconscio fatto di desiderio. L’uomo ha necessità di trovare e raccogliere le immagini e chiuderle in uno scrigno, infatti a volte nelle opere come Magie appaiono serrature, scrigni, ami, anagrammi “Magie-Image Caso-Caos”. Nei suoi dipinti c’è un mondo fiabesco con richiami surrealisti, metafisici, espressionisti, vicini a certa pittura pop inglese. Ci sono figure umane, infantili, animali, topi, uccelli, cappelli, metafora delle tante figure dei ruoli che interpreta e richiamo al cappellaio matto di Alice nel paese delle meraviglie di L. Carroll, nonché metodo didattico pedagogico utilizzato nelle scuole per facilitare il riconoscimento dei sentimenti (metodo dei sei cappelli). Vi sono poi personaggi con nasi da pagliaccio, dipinti come cherubini con grandi ali e cannucce in bocca da cui escono parole che rimandano al mondo del circo come avviene in un pittore spesso accostato al nostro, Mar Chagall, e nell’immaginario cinematografico, penso a Il cielo sopra Berlino di W. Wenders. Ebreo vissuto in povertà, naturalizzato francese, Chagall ha come protagonisti personaggi, animali, oggetti che si alzano in volo su fiabeschi paesaggi sfidando la legge di gravità, un mondo sottosopra in cui la luna, quella degli innamorati incontrata spesso nelle poesie di Leopardi, dai tetti accompagna gli amanti. Somiglianze tra Chagall e Tadini sono anche in altri particolari, viene eliminato il piano di fondo, la realtà è interpretata attraverso metafore e simboli in cui si parla anche di drammi reali, in Chagall ad esempio la guerra o la persecuzione degli ebrei nella Russia zarista. Vengono utilizzati colori accesi e forti, compare spesso il tema dell’amore e il tema del volo. “Mi tuffo nelle mie riflessioni e volo al di sopra del mondo” scrive Chagall e questo ci porta di nuovo all’universo del cinema che Tadini, come altri intellettuali, un nome su tutti Alberto Moravia, amava molto. Memorabile la scena del film del Cinquantuno Miracolo a Milano, la favola cittadina di Vittorio De Sica con la scrittura e la sceneggiatura di Cesare Zavattini in cui una storia di soprusi dei potenti ai danni dei più deboli viene risolta a cavallo della scopa di un netturbino, in cerca di una realtà migliore, scena che avrebbe anche influenzato Spielberg in E.T. L’extraterrestre degli anni Ottanta.


La seconda parte del mio intervento si è concentrata sulla formula “E vissero felici e contenti”.

No, non succederà, ci sveglieremo all’improvviso e scopriremo che il lieto film fine esiste solo per Walt Disney. “Il sonno della ragione genera mostri”, è una famosa metafora relativa a un’incisione di Francisco Goya che invita a non perdere mai l’intelletto altrimenti saremmo vinti da impulsi violenti e brutali. Ma ogni notte che ci corichiamo abbandoniamo la razionalità e diamo spazio all’inconscio. La notte è una morte verso la rinascita e in quel viaggio avviene una metamorfosi, cambiamo pelle come fanno i serpenti, produciamo delle immagini che ci parlano di noi e l’incantesimo é il risveglio. La società oggi é in continuo mutamento. Negli ultimi anni siamo stati come vittime di un incantesimo, non abbiamo più riconosciuto l’altro, abbiamo smesso di essere caritatevoli, di parlare di un noi e oggi che siamo usciti da quella parentesi mortale, siamo in grado ancora di raccontare storie con lieto fine “E vissero tutti felici e contenti?” Io non credo e in fondo non è mai stato così. La fiaba difatti, come avviene nella cultura nordica, da Anderson, i fratelli Grimm, Perrault, non racconta l'’irrealta’ ma il reale, parla della giovinezza, del distacco da casa, dell’età adulta, del divario tra poveri e ricchi, delle prove da affrontare, del riscatto degli innocenti, dell’amore sofferto da cui è difficile liberarsi, della bellezza nascosta dietro le cose. Gli artisti hanno generalmente celebrato con straordinario ottimismo la fiaba. Già nel Rinascimento Vittore Carpaccio amava raccontare leggende e favole anticipando addirittura il fumetto e il montaggio del cinema. Il più noto Corpus di favole illustrate é quello dell’Ottocento di Gustav Doré. A rappresentare atmosfere sospese tra la fiaba e il sogno sono stati poi i Preraffaelliti come Burne-Jones. V. Kandinskij ha dipinto alcune opere dedicate alla fiaba provenienti dalle tradizioni contadine russe; ancora Giorgio de Chirico, che inventa un nuovo modo di narrare storie guardando al surrealismo e al montaggio cinematografico. Ricordiamo poi i teatrini degli anni Trenta del Bauhaus e degli anni Quaranta di Fausto Melotti, nonché le scenografie e le illustrazioni di fiabe di Domenico Gnoli. Queste gioiose visioni sono tuttavia mutate drasticamente negli ultimi anni, gli artisti non interpretano più i testi delle fiabe come luoghi incantati e di sogno, al contrario fanno un’analisi critica che non offre alternativa alla cruda realtà.

Cito alcuni esempi e lavori esemplificativi di quanto detto. Susanne Janssen è un artista tedesca le cui opere sono ispirate alla fiaba, al mito, alla letteratura. Un esempio è l’illustrazione della fiaba “Hansel e Gretel” in cui riflette sulla vera storia dei due bambini. Viene trattata quella particolare fase della crescita in cui si passa dalla fanciullezza all’età adulta. La strega in realtà è una metafora per dire che il bambino vuole essere schiavo piuttosto che diventare adulto e prendersi le proprie responsabilità. Dina Goldstein è una fotografa surrealista nata a Tel Aviv, nota per la serie Fallen Princesses, principesse decadute, creata nel 2007, in cui ha inserito le figure delle principesse della Disney in scenari moderni e reali. Realizza immagini dove i soggetti sono una Biancaneve con tanti bambini da gestire e un principe seduto a guardare la televisione, una Cenerentola in un bar di motociclisti che affoga la sua solitudine nell’alcol, una Cappuccetto Rosso vicina all’obesità che si ingozza nel bosco.  Esegue anche una serie di fotografie con la bambola Barbie e il suo fidanzato Ken, trattando anche temi come come l’omosessualità. Ricordiamo a tal proposito il recente film su Barbie dell’attivista regista femminista statunitense Greta Gerwig. C’è poi l’artista pop messicano J.R.L.Ontiveros che mette insieme a protagonisti di film horror i personaggi delle fiabe, nei suoi lavori vediamo dunque Freddie Kruger, in arte Nightmare, che con fare inquietante osserva la bella addormentata, o Biancaneve in una scena del capolavoro di Stanley Kubrick Arancia meccanica.

Concludo con le fotografie dello statunitense Harry McNally, che anziché far spostare Cenerentola in carrozza la colloca nel sotterraneo di una metropolitana. É naturale avvenga oggi uno stravolgimento e un capovolgimento delle fiabe, come d’altronde accadeva già in Calvino o altri scrittori, Gianni Rodari o recentemente Antonio Moresco e il suo “Favole da Antonio Moresco” con i illustrazioni del pittore di Forlì Nicola Samorì. L’arte rispecchia l’attualità dei tempi, lo aveva intuito Tadini, ne parlano tutte le arti, a noi il compito di cogliere i cambiamenti della realtà.




Per informazioni sull'Archivio Emilio Tadini vi invitiamo a visitare il sito https://spaziotadini.com/



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