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Osvaldo Semino, Bellezza verità e persuasione


Non intendo entrare nella polemica che da sempre esiste tra i partigiani delle due fazioni, se l’artista, (letterato, musicista, pittore o altro) produce per sé o per il pubblico. Ritengo la questione sterile e sorpassata e ognuno certamente ha la propria risposta più vera.

Mi interessa invece cercare di capire perché, per esempio, quando si parla di una poesia, o di un dipinto astratto o un brano di musica jazz, i più affermano: - Non capisco, quindi non mi piace. -

La vera opera d’arte non deve temere l’analisi di “raffreddamento” dovuto al primo giudizio del pubblico, al contrario può solo guadagnare consensi da due elementi fondamentali dell’opera: la liberata forza di irradiazione della sua veritàe della sua bellezza.

Il pubblico si rende sempre conto che alla fine l’artista ricerca sempre la verità perché è quella che forzatamente possiede e la bellezza che concepisce i suoi canoni.

Certo, per un’opera d’arte è necessario che chi fa parte del pubblico disponga di alcune premesse di educazione affinché la sua facoltà si serva di pensieri già noti e di mezzi già conosciuti, altrimenti sarebbe tutto incomprensibile.

Chi ascolta per la prima volta la Sinfonia n. 5 di Ludwig van Beethoven senza aver mai ascoltato prima una sinfonia o senza aver avuto una educazione musicale, godrà ingenuamente di tutta l’opera d’arte completa. Un godimento che verrà approfondito e arricchito se l’ascoltatore studierà dieci anni musica e meglio ancora anche tecnica della sinfonia. L’eventuale rinnovato ascolto sarà approfondito e arricchito dalla dall’educazione e dalla acquisita sensibilità dell’ascoltatore.

La poesia si serve di pensieri già noti e di mezzi linguistici conosciuti, altrimenti sarebbe incomprensibile, ed anche la poesia ha bisogno di una premessa di educazione ambientale del pubblico, resa convenzionalmente dall’educazione scolastica.

Un aumento di conoscenza della realtà da parte dell'ascoltatore non è mai nocivo all’opera d’arte. L’ingenuità, primo strumento che fa apprezzare un’opera d’arte, dovrà essere sostituita dal processo della conoscenza. Alla fine del possesso della conoscenza viene ristabilito il contatto-effetto tra l’artista e il pubblico in forma di una seconda illuminata ingenuità che, per esempio, permette tutte le volte che si ascolta la Traviata, sempre la stessa opera da 150 anni, di godere ogni volta della sua bellezza. Voglio dire che dopo l’eventuale iniziale apprezzamento ingenuo dell’opera d’arte, l’artista dovrà imparare ad avere la consapevolezza di capire a chi si rivolge, quale è il suo punto di forza, in cosa è differente. Il tutto procurerà la conseguente scelta dello stile per comunicare verità e bellezza della sua poesia, del suo romanzo, della sua composizione musicale, del suo quadro, della sua scultura e di qualunque altra espressione dell’ingegno.



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