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Marco Marra, su Autopsia (reiterata) di Dario Talarico

In questo libro la parola si fa strumento d’incisione e di sezione, per giungere alla carne delle cose, e lasciare al linguaggio una meravigliosa, tagliente essenza di poesia. Martin Bickman, accademico di scrittura creativa, sostiene che il lettore deve rivestire un ruolo attivo in funzione dello scrittore. La lettura è un processo di partecipazione, è un atto che arricchisce e plasma la mente; è una vera e propria attività e il suo fine primario è che l’apprendimento non resti passivo e sterile. Per far sì che questo accada l’autore deve creare i presupposti di uno scambio continuo, attraverso una rete di concetti e sotto significati che lo metta in stretta e intima connessione con i destinatari del suo messaggio primordiale. Questo poema è singolare, speciale nello stabilire un’interazione –direi uno “specchio”- fra chi scrive e chi legge: il corpo sezionato è quello del poeta, ma può essere anche il mio, così come quello di tutti noi; per arrivare a questo scopo Dario Talarico si avvale di un significante alquanto originale, ovvero l’impianto allegorico del libro. Perché la struttura in cui si articolano i testi è davvero insolita nell’annoverare la figura dell’anatomo patologo e di tutto quanto gli è collaterale; e tra le righe, l’autore si rivela sagace e unico nel mostrare il fulcro dei concetti e delle cose attraverso il loro opposto, in un gioco sintattico e semantico semplicemente geniale. Detonando il linguaggio e il tono dei versi con quella commistione così peculiare fra poesia e filosofia che gli attribuisce una connotazione specifica nel panorama poetico contemporaneo. Quest’opera viaggia nel solco tracciato dalla precedente (“Il coraggio di non lasciare il segno” – puntoacapo 2019), rafforzando e ribadendo quel fondamento ideologico il cui cardine è la stretta necessità di vivere all’insegna di spinte contraddittorie; perché la vita altro non è che un infinito patto di opposti: “Parte dalle risposte chi accomoda le domande./Non ha affondo il sapere che non conosce/il suo contrario. Non ha sapere un pensiero/voluto vero ancora prima di dimostrarsi falso.” Ogni verso è un taglio che incide l’anima, apre al senso dell’esistenza e lascia il lettore solo con la sua consapevolezza; un senso e una consapevolezza che Dario Talarico mostra senza dire, all’ombra del silenzio eloquente che lo contraddistingue. E il punto sta proprio qui: è il lettore a scoprire ciò che l’autore non ha la pretesa di spiegare. Del resto, la nostra immensità è coincidere col niente: “Non astro, non baratro:/essere piccoli per il mondo,/- questa – è la salvezza”.

Marco Marra



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