Gianni Caccia su "L’ultimo ring" di Corrado Bagnoli

Corrado Bagnoli, L’ultimo ring, Edizioni Ares, Milano 2024, pp. 176, € 15
Dalla prosa alla poesia e al teatro, e infine di nuovo alla prosa. Così si potrebbe sintetizzare la genesi de L’ultimo ring, il romanzo recentemente uscito per i tipi delle Edizioni Ares di Corrado Bagnoli, docente di lettere a riposo, poeta, narratore, curatore di corsi di lettura e scrittura creativa. Il testo nasce infatti come un lungo racconto, dal quale poi è nato il poemetto Fuori i secondi (La Vita Felice, Milano 2005, seconda edizione 2016); e proprio in occasione dello spettacolo teatrale omonimo, ricavato dal poemetto dopo l’uscita della seconda edizione, l’autore ha sentito l’esigenza di dare una più compiuta veste narrativa alla storia, che ha assunto quindi la forma di un romanzo.
L’ultimo ring, ambientato in una Brianza di cui viene colta la trasformazione da polo industriale a informe realtà postindustriale, ripercorre, a partire dagli anni Cinquanta, la storia di Augusto, un giovane pugile di talento, che grazie alle sue qualità e allo spirito di sacrificio riesce a farsi un nome e sembra destinato a una promettente carriera. Parallelamente Corrado Bagnoli segue la sua storia personale, il testardo corteggiamento della ragazza che diventerà sua moglie, il matrimonio, la famiglia, l’attività lavorativa, i rovesci della sorte; perché per un concorso di circostanze, o forse un capriccio del caso non arriva per Augusto la consacrazione che avrebbe meritato ed egli si adatta a una vita di padre e di negoziante, sempre teso a migliorarsi, a non accontentarsi di quello che ha, a lottare con la vita e prenderla a pugni come gli avversari sul ring.
Il pugilato, il filo conduttore della vicenda, diventa quindi la metafora di un modo di intendere la vita e il rapporto con essa. Tema principale de L’ultimo ring è infatti l’amaro di una vita inafferrabile, che non si fa capire e non fa mai sconti, anzi non è mai scontata ma presenta l’imprevisto, il dramma dietro l’angolo, colpisce subdolamente alle spalle. L’esatto contrario del quadrato dentro il quale ci sono regole precise, si combatte lealmente e non si deve temere il colpo proibito, quello che la vita spesso riserva e contro i quali il protagonista si trova immancabilmente impreparato, privo di difese e stretto all’angolo.
Ma Augusto non cade, o se cade subito si rialza e non finisce KO, grazie al suo spirito combattivo che gli fa intendere la vita come un combattimento di infinite riprese in cui, usciti i secondi, si è soli contro un avversario che non si può mai mettere al tappeto. E forse, lascia intuire l’autore, il modo giusto di affrontare la vita è proprio quello di Augusto, che vive una perenne lotta con se stesso, sempre proteso in avanti, con un enorme spirito di sacrificio unito ad un egotismo che lo porta a pensare che tutto ruoti attorno a lui.
Particolarmente apprezzabile è poi lo stile secco, asciutto e incisivo del romanzo; Bagnoli predilige seguire la vicenda di Augusto e dei personaggi che gli ruotano attorno con frasi lapidarie e graffianti che colgono il segno, perfettamente intonate alla materia trattata. Valgano, per tutti, questi esempi: «E poi è solo contro un altro che è solo contro di lui. Le gambe disegnano archi a scansare il fiato pesante dei pugni. Il sangue gira più veloce al cervello a scrutare negli occhi un anticipo, un segno del colpo che viene. Piega il tronco, si piega sul fianco e dal fondo della spalla e del cuore tira fuori un missile che spegne il suo sibilo con un sordo rumore di muscoli tesi e sudore. Il resto sembra venire come se fosse uno spartito imparato a memoria» (p. 8); «La striscia nera delle gomme sull’asfalto, il vetro fracassato e il volante rivoltato. Il sangue sul cruscotto. Un pugno di quelli che non puoi farci niente gliel’ha portato via. Lui lo sa già» (p. 135); «Augusto ammazza anche il tempo. Ma le leggi e i giudici non si può. Non si deve. Anche se verrebbe la voglia di farlo. Adesso sono loro che si vogliono portar via il suo paese di sughi e di paste, di carne e verdure, quest’isola buona del mondo. C’è un denaro sporco e sbagliato. Che riesce a comprare anche il paese più buono che c’è. È una cosa che ti può tagliare le gambe, che ti può togliere il fiato. Altro che ganci e montanti» (p. 163).
Insomma, un romanzo notevole, che si legge d’un fiato e sorprende ad ogni riga; come la vita.
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