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#cosaleggeleditrice - Il dialogo silenzioso


Nel 2023 si sono aperti tanti banchi di discussione su altrettanti argomenti, alcuni dei quali ricorrono ciclicamente. Tra questi c’è una forte attenzione alla scrittura poetica femminile. Più volte ho detto e scritto che per me la scrittura è scrittura: ci sono approcci, visioni differenti a livello individuale; credo anche che ci siano scritture che ci assomigliano, che riconoscono affini al proprio gusto, ma non certo perché scritte con mano femminile o maschile.

Io per prima però mi sono posta il dubbio, in primo luogo come editrice, dopo la lettura dell’antologia curata da Isabella Leardini, Costellazione Parallela (Vallecchi poesia, 2023). Partiamo dal presupposto che non essendo io una scrittrice, il mio punto di vista è sempre quello della lettrice; nel mio lavoro poi ho la possibilità di vedere, leggere e ascoltare molti autori; in ultimo, io discuto quotidianamente delle mie letture con una serie di persone, scambiandoci vicendevolmente suggerimenti per altre letture.

 

Ho pensato quindi che tra tutte queste letture fosse utile tirare qualche filo di raccordo, per cui propongo una piccola tela delle letture di voci femminili fatte nel 2023, che mi hanno lasciato ben più di qualcosa. Sono una parte infinitesima delle raccolte arrivate e lette nell’annata. Ovviamente non sono citate autrici pubblicate da puntoacapo, come da mia cifra; e altrettanto ovviamente sono consigli di lettura vincolati al presupposto “Queste sono alcune chiavi, qualcosa che ci ho scorto dentro, ma c’è altro. (Molto altro, ndr) Se ti interessa non ti resta che leggerlo” citando un Dario Talarico post natalizio.

Non sono tutte nuove uscite, ma ci sono anche riletture o libri che sono usciti negli anni scorsi giunti a me o scovati in libreria da giugno in poi; di alcuni ho già scritto qualche nota, di altri darò conto solo qui, procedendo per associazioni, più o meno ordinate.

 

La scoperta dell’anno a mio parere è Carlotta Cicci. Lo dissi già tempo fa, ma la sua potenza, l’intensità e la pulizia dei versi, della narrazione interna, del ritmo e dell’uso di immagini mi si è imposta con Sul banco dei pesci (L’Arcolaio editrice, 2022)  e si è confermata con Grado Zero (MC edizioni, 2023), la raccolta di quest’anno, nella quale la maturità dei versi è piena, chirurgicamente misurata. Ringrazio principalmente Stefano Massari per quel filo che ha teso tra Carlotta Cicci e me.

 


come una volpe sulla vetta del tempo.

controllo la chiarezza della sua fronte.

l’argento che mi sprigiona ai confini

di ogni cielo.

 


Tanto corpo che si fa unità di misura e poi paesaggio vissuto raccontato e filtrato tramite se stesso, come a voler essere anche passaggio, nonché confine di protezione quanto di superamento per la vita. Vita subita (il vedere che la vita può finire prima della morte nell’annientamento della consapevolezza del sé), cambiamenti, vicende altrui, la città, Roma, in costruzione e rovina continua, l’ho ritrovata in Da luoghi profani di Elisabetta Destasio Vettori (Les Flâneurs Edizioni, 2023)

 

 

Oggi il cane del guardiano

mi ha scodinzolato

deve aver sentito

l’odore del sangue

 

lo sguardo fisso

al brandello di vita

 

e se vive Natura,

potrei innestarmi

in radice di genziana

per salvarmi

 

:ho dimorato anche io,

sola,

in estranee cose


 

Altra voce cristallina, nuova e squillante è quella di Valentina Furlotti in Fosforescenze (InternoLibri, 2023): stupori opachi che diventano luminosi, la stessa capacità di visione esterna, ma un modo diverso di illuminare la scena, quasi come se ci fosse un neon al di sotto dello scritto che irraggia il lettore e svela la scintilla.


 

Hilde scivola di continuo

quando fa gli esami degli occhi

cade e inonda le ginocchia

la nuova diagnosi denota

cartilagine assottigliata ai polsi

quella prima

diabete mellito di tipo 2

e otto vertebre schiacciate

ma il cuore no, il cuore è ben saldo

quando il fratello tutti i giorni

la chiama alla finestra.

 

 

A questi libri si lega Correggere le diottrie di Giusi Drago, volume uscito nel 2019 per Oèdipus, letto dopo aver ascoltato l’autrice a Milano durante una tappa di Poème Electronique (rassegna di poesia e musica elettronica a cura di Stefano Bertoli e Ksenja Laginja). Già dal titolo c’è la cifra del mutamento e della rinascita perché la correzione parte dal presupposto che la vista ci sia, che si possa vedere ma ci sia necessità di rimettere a fuoco, centrare, riallineare. La raccolta, dalla divisione in sezioni alla resa sulla pagina, assume le sembianze di una visita nelle stanze di un palazzo mentale nel quale da ogni stanza si innalza una torre di significato e significanti (attraverso immagini quotidiane, vite vegetali e oggetti trasfigurati) fino a mettere a fuoco appunto il nocciolo di sé, quasi a comporre una sinfonia di gesti tra agire e respirare, tra l’osservare e il comprendere. Un ritornare a una prospettiva.


 

tante parole per un attimo sovrane

su diversi volumi di silenzio, in lotta

con l’interrogativo se da dire ci sia qualcosa


di vero e di vivo, senza troppo amore per l’ordine

del mondo, nel libro è scritto: vietato

il deposito di voci ingombranti


 

Parte di questo mettere a fuoco e risintonizzare l’ho ritrovato ne Gli spostamenti del desiderio di Raffaela Fazio: raccolta densissima, che mi ha subito ricordato “lo spostamento del contesto” enunciato da Bruno Munari e mi ha spinta a ripensare allo spostamento nel suo atto fisico di decisione. Banalmente lo spostamento implica una volontà di collocare in un altro contesto l’oggetto, senza cambiarne però le caratteristiche fisiche o imprimendo a esso un movimento. Quindi il desiderio non cambia mai la sua natura, ma cambia il cono di luce che va a illuminare.


 

Sono scesa

dove mi ero decisa a non entrare.

Mi avvicino al profumo

che insieme avevamo

più forte sui confini.

 

Non tornerò intera.

 

La memoria è un campo di mine.

Non si lascia abitare.


 

Questo spostamento del focus mi porta a Erano le ombre degli eroi di Donatella Bisutti (Passigli, 2023), che attraverso il racconto epico riscrive un poema-ponte tra passato e presente in cui le gesta e i protagonisti di Tebe hanno le sembianze dei giovani d’oggi, dove la donna è chiamata a decidere del suo corpo e della propria progenie, nel quale i temi come la guerra o il cambiamento climatico vengono narrati e passati attraverso la lente della mitologia. C’è una sorta di tensione, un richiamo a qualcosa che è già stato spiegato, vissuto nella Storia, del quale sembra che l’uomo moderno non ricordi nulla, venga meno la capacità di essere oggi eroi comuni.


 

L’occhio che guarda impietoso è l’occhio

di una donna

un occhio che ingrandisce

con una lente e incide come un bisturi

scopre con freddezza,

rivela.


 

Proprio il riflettere sul tema dell’eroe e del suo significato, del sacro in noi, mi ha portata quasi naturalmente a incontrare due voci molto diverse tra loro: quelle di Isabella Bignozzi (prima come narratrice, in verità) e quella di Rosalba de Filippis. La prima, col suo Memorie fluviali (MC edizioni, 2022), incrocia perfettamente quella necessità di dialogo tra i vari saperi, tra l’intimo e il sociale, tra la parola e il silenzio, la pacatezza e la capacità di incidere con essa.


 

della fatica che graffia epitelio

incurva colonna a segmenti

incava la fronte

come cranio vuoto che brulica


del dispiacere che ara il petto

preme come pollice sugli occhi

fa radunare tutto il male

allo sterno come punta

 

è tempo di provare a dire

cercando sutura

provare.


 

La seconda, in Madrebianca (Passigli editori, 2022), utilizza l’archetipo della madre, intesa sia come quella fisica (biologica) che la madre come presenza custode, come dea madre e come accoglienza, per dare senso (un senso) alla caducità del tempo, alla morte e al fluire di tutto.


 

Oggi mi sono seduta in cucina

nell’ordine perfetto che non lascia

neanche il grano della polvere sul tavolo.

Il lindore segna l’assenza:

quasi una madre.


 

Questo incedere tra la vita quotidiana e la presenza mi ha chiamato forte alla lettura di un libro che ho avuto la fortuna di scovare a Bologna, Ultimo quarto (1985-1989), di Daria Menicanti, un librino Scheiwiller, di quelli che ti riportano subito a un’altra vita e a un altro mondo. Complice il fatto di contenere uno scritto di Lalla Romano, autrice della quale avevo discusso con Riccardo Olivieri, l’ho acquistata.


 

Noi non parliamo

noi non parliamo ma

di quello, ma è il pensiero

che si dipana in corse recidive

alla sua volta, è la meditazione

che alla cosa in attesa ritorna

qui ora qui sempre.


 

Vi ho trovato un respiro che ha accompagnato molte delle mie letture di quest’anno, sia in narrativa che in poesia che in saggistica: la ricerca del silenzio e il pensare il pensiero. Una tensione verso un oltre, un sopra, un eterno, superamento.


 

Il discorrere con Luca Pizzolitto e il rivedere Zarri e Arendt, dopo alcuni scambi con Sergio Bertolino, mi fa mettere tra questi libri quello di Gisella Genna, Rarefazione, per il quale ringrazio Elio Grasso che me lo segnalò ancora prima che fosse in commercio. Sotto un breve frammento, ma trovate (insieme al volume, sempre Portosepolto peQuod, di Daita Martinez) due spunti di lettura e qualche stralcio qui: #cosaleggeleditrice - dalla Collana Portosepolto, peQuod (almanaccopunto.com)


 

Seduti a guardare il fuoco, fuori infuria il blu. È

pace di legno. Solo voci di alberi e vetri.


 

In ultimo, cito un volume particolarissimo prodotto da Magog: Matrix, di Dorothy Wellesley: unico, un libro con foro a stringere e al fondo un teschio, ma soprattutto è un libro che parla anch’esso di pensiero e di mente, di opposti e contrari nel mondo non più convertibile, non più misurabile.


 

La mente è una casa in fiamme

o è una casa in costruzione? Una stanza,

intonaco bagnato sul pavimento,

generazioni scorrono, spettri crescono,

mentre il primo inquilino è alla porta.

 




Cristina Daglio

 


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