Amedeo Ansaldi, La collana di aforistica Candide
Presentazione di
Candide
Collana di aforistica e prosa breve
diretta da Alessandra Paganardi
L'aforistica, genere antichissimo e nobile, vive da sempre ai margini del mercato editoriale; più ancora della poesia, impone coraggio, chiarezza di pensiero e una lucidità che sconfina nella ferocia. I titoli proposti vogliono offrire al lettore uno spaccato delle infinite possibilità del genere.
L’esistenza stessa di un genere come la prosa lirica parrebbe un ossimoro in termini, uno stile che sta a metà tra la poesia (parola ancorata, saldamente legata alla pagina e al ritmo) e il fluido scorrere delle parole da una riga all’altra, da un paragrafo all’altro, senza alcun rapporto apparente con la griglia tipografica. Se teniamo ferma però la definizione di Roman Jakobson sulla “funzione poetica”, cioè il ciclico ritornare del testo su se stesso (per mezzo di anafore, allitterazioni, echi di suono e di senso), non è difficile ipotizzare l’esistenza di un genere ibrido di poesia e di prosa. A questa sfida hanno risposto molti autori, negli ultimi due secoli almeno, e non dei minori: da Rimbaud a Montale, da Walser a Sbarbaro, da Baudelaire a Cecchi. Una collana esplicitamente dedicata alla prosa breve non narrativa non è dunque una mosca bianca, bensì la continuazione di un discorso che pure partecipa al grande scorrere della letteratura occidentale e che ancora continua a dare buoni frutti. (Pietro Montorfani)
Aforismi al femminile
Cominciamo doverosamente questa breve rassegna con due antologie. Il primo libro di cui trattiamo si intitola Aforismi al femminile ed è, appunto, un’antologia di scrittrici di aforismi italiane contemporanee (solo donne), selezionate fra quelle che si sono poste in luce nel premio Torino in sintesi (il più importante del nostro Paese dedicato all’aforisma) e in altri concorsi minori in tutta Italia. La prefazione è a cura del prof. Gino Ruozzi, dell’Università di Bologna, ch’è il maggiore studioso di questo genere letterario in Italia, nonché curatore del doppio volume dei Meridiani Mondadori Scrittori italiani di aforismi. La postfazione di Anna Antolisei, presidente dell’Associazione Italiana per l’Aforisma e, appunto, del Premio Internazionale Torino in sintesi.
Non manca, in questa raccolta, nessuna delle autrici di aforismi di cui parla il noto studioso Antonio Castronuovo nel suo saggio L’aforisma italiano nel XXI secolo, pubblicato da poco dalla casa editrice Il Mulino, il che attesta, crediamo, la completezza del repertorio.
Nella storia dell’aforisma italiano, dal tardo Medioevo al secolo scorso, tanto bene ripercorsa e illustrata da Gino Ruozzi nei già citati Meridiani Mondadori, 3.000 pagg. totali, hanno trovato posto solo tre autrici donne, e tutte attive nel Novecento: Lalla Romano, Maria Luisa Spaziani e Alda Merini.
La presente antologia raccoglie aforismi di quelle che sono le loro eredi viventi.
Naturalmente esistono varie famiglie stilistiche di aforismi, e in questa antologia ne troviamo rappresentate molte.
Quelli di Marcella Tarozzi, che scrive da New York, e che apre di diritto la nostra antologia, sono al tempo stesso folgoranti ed ermetici, di un’acutezza enigmatica che costringe il lettore a interrogarsi a lungo sul loro significato: perché ne hanno sempre uno, per sfuggente che sia; sibillini, lapidari, non superano mai la due righe di lunghezza:
“Riscuote consensi la felicità, ma proprio da coloro che la degradano.”
“Siamo imparentati con il nulla, anch’egli un esule come un altro.”
“Credere in una verità empirica non fa onore ai fatti.”
“L’inesistente non accetta consigli, gli parrebbe di possedere due anime.”
“In fondo i mentitori sono dei metafisici che rasentano il possibile.”
“Ad onta della verità: essa ci trascina per vie incondizionate.”
“Il provare invidia ci sminuisce senza difenderci.”
Di Silvana Baroni, un’altra fra le maggiori scrittrici di aforismi italiane contemporanee, parliamo diffusamente sotto a proposito della pubblicazione Per amor di dubbio. Questi sono, in ogni modo, alcuni dei suoi aforismi che compaiono nella presente antologia:
Circolo vizioso: frequentare circoli in cui fanno quadrato i soliti.
L’amore: a volte impollina, a volte impallina.
Nei libri, o trovi pagine di scrittori, o scrittori di pagine.
Le freddure nascono da verità scottanti.
Viene il sospetto che chi ha scritto pagine indimenticabili abbia una vita da dimenticare.
Si fa poesia con le parole che più ci sono mancate nella vita.
In amore: chi s’illumina a un colpo di fulmine, chi si ustiona per un petardo abbandonato.
Ci sono anime gemelle e anime doppioni.
Certo, la vita è un dono. Ma quanto ci vuole a scartarlo!
Altre autrici si cimentano piuttosto col calembour (il gioco di parole):
Cristina Mercuri:
Le prese di coscienza danno la scossa di cui abbiamo bisogno.
C’è gente che fa mente locale e poi la subaffitta.
Il poligamo è un condannato a molte.
La coscienza è un (f)lusso che non tutti si possono permettere.
Se la realtà supera la fantasia, la corsa è truccata.
A parole siamo tutti bravi. Nei fatti, spesso, Don Abbondio.
Daniela Lombardo:
Un entusiasmo, quando si spegne, brucia molto di più di quando era acceso.
Per far quadrare il bilancio bisogna necessariamente arrotondare.
La vita non è bella, è un tipo.
Marta Tofi:
Lettura cromatica della bandiera italiana: essere al verde, andare in bianco, finire in rosso.
Altre autrici di aforismi sono anche, o prevalentemente, poetesse:
Lidia Sella:
Istanti condivisi: perché divergono così sulle rotaie del ricordo?
I ricordi di tutta la nostra vita occuperanno - al massimo - lo spazio di un cassetto.
Alessandra Paganardi:
Il dubbio, questo amante infelice della verità.
Chi si astiene da un vizio per poterlo biasimare negli altri è nemico degli altri, non del vizio.
Valentina Meloni:
Poeta? Sono solo una ferita aperta da cui parla l’anima del mondo.
Silvia Sardini:
Per essere sé stessi bisognerebbe abolire la punteggiatura.
Flaminia Cruciani:
“Esiste un lutto della nascita, ciò che lasciamo quando veniamo alla luce.”
“Nella mia carezza ci sono tutti i deserti che ho attraversato.”
“Oggi esercizi d’invisibilità.”
“Procedo dritta alla vigna nel mio versetto di fuoco.”
“Questo posto mi piace molto, sembra di essere in cima a un’idea.”
“Cortocircuiti d’identità.”
“Navigo nei fiordi del mio rimosso esistenziale.”
“Pensieri messi all’asta.”
“Ho l’anima fuori corso.”
Fra i temi trattati, quello della genesi dell’ispirazione, poetica o aforistica:
Alda De Stefano: “Ci sono aforismi come bambini: nascono senza averli cercati.”
Valentina Meloni: “Poeta? Sono solo una ferita aperta da cui parla l’anima del mondo.”; “I libri sono la mia casa; scrivo per dare forma al luogo in cui vivere.”
Silvia Sardini, da Foligno: “Per essere sé stessi bisognerebbe abolire la punteggiatura.”
Silvana Baroni: “Si fa poesia con le parole che più ci sono mancate nella vita.”
Un altro filone storicamente importante è quello degli aforismi sull’aforisma, al quale danno un nuovo contributo anche:
Alessandra Paganardi: “Aforisma: una bilancia che segna i milligrammi del pensiero.”
Marta Tofi: “L’aforisma è la crisalide che comincia a fendersi e lascia intuire la presenza della farfalla.”
“L’aforisma è come un Post Scriptum alla fine di una lettera chilometrica: con la sua sigletta da nulla ti dice l’unica cosa che dovevi sapere.”
Alcuni aforismi ironici sull’amore:
“In amore: chi s’illumina a un colpo di fulmine, chi si ustiona per un petardo abbandonato.” (Silvana Baroni)
“Il tradimento? Un terno a letto.”
“L’amore è una trappola per troppi.” (Cristina Mercuri)
Altri con un’ispirazione più caustica:
“Ci sono anime gemelle e anime doppioni.”
“L’antipatia è un’autopsia a colpo d’occhio.” (Silvana Baroni)
“Chi si astiene da un vizio per poterlo biasimare negli altri è nemico degli altri, non del vizio.” (Alessandra Paganardi)
“La parentela è una detenzione genetica.” (Flaminia Cruciani)
“L’opportunista non ha ideali, ma li cambia spesso.”
(Maria Cristina Brescini)
“Il ciclo di re Artù non coincide mai con il mio.” (Alda De Stefano)
“Homo sapiens sapiens: l’inganno della ridondanza.” (Marta Tofi)
“Matrimoni: fondamenta della società. Un tempo combinati, oggi scombinati. Che sia per questo che crollano?”
“Per contrastare l’ottusità sociale bisogna vivere ad angolo retto.”
(Laura Volante)
Di Volante cito anche:
“Anonimato. Il treno che corre senza viaggiatori.”
“Tatuaggi. Scrittura di memorie ancestrali per chi non ha più passato.”
I rapporti fra genitori e figli:
“Figlio: l’unica nostra creazione che non ci appartiene.” (Maria Cristina Brescini)
“Non è facile con i genitori. È che si vuol nascere, non venire al loro mondo.” (Silvana Baroni)
Altri aforismi mostrano, com’è nella tradizione, acutezza psicologica e capacità di penetrazione:
“La critica è un segno di grande ammirazione.” (Silvia Sardini)
“La verità ci divide.” (Flaminia Cruciani)
“L’uomo senza aspirazioni vive l’esistenza di altri.” (Maria Cristina Brescini)
“Si è perso il senso della realtà perché manca la fantasia di viverla.”
“Non si è sconfitti dalla stupidità altrui, poiché si può esserlo solo dalla propria.” (Laura Volante)
Qualche considerazione, più o meno scherzosa, sulla vita:
“Certo, la vita è un dono. Ma quanto ci vuole a scartarlo!” (Silvana Baroni)
“La vita insegna e io prendo disappunti.” (Cristina Mercuri)
“Volevo una vita lunga, non una vita larga!”
“La vita non è bella, è un tipo.” (Daniela Lombardo)
Per finire, qualche citazione sparsa:
“L’umanità si divide in due grandi categorie: io e gli altri.” (Daniela Lombardo)
“Sono l’unica al mondo a non poter andare via da me.”
“Ho scritto quanto basta per essere dimenticata.” (Alda De Stefano)
“Ogni libro contiene tutte le parole dell’albero da cui è nato. Forse noi non abbiamo davvero mai scritto nulla…” (Valentina Meloni)
“Se l’asse terrestre è inclinato vuol dire che qualcosa è andato storto.”
(Silvia Sardini)
E concludiamo con tre aforiste italiane di adozione:
Amelia Natalia Bulboaca, rumena, studiosa e traduttrice di Cioran, nei cui aforismi - senza nulla togliere alla sua originalità - risuona il timbro del Maestro:
“Il pensiero coltiva con scrupolo geloso il suo lato eccentrico: la dignità.”
“La specie aveva bisogno di un alibi, e niente vi si prestava meglio dell’amore.”
La cubana Yuleysy Cruz Lezcano, che ha ottenuto numerosissimi riconoscimenti come poetessa nel nostro paese:
“L’uomo che si sente imperfetto ha ancora una possibilità di sviluppo.”
“La gente senza principi si perde i finali migliori, e non merita diversamente!”
E la brasiliana Luciana Loureiro:
“La sconfitta è momentanea, ma il senso del fallimento può durare una vita intera.”
“L’orgoglio sta altrettanto bene dalla parte del torto che da quella della ragione.”
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Aforismi della quarantena
La seconda antologia oggetto di questa presentazione è Aforismi della quarantena, comprendente testi di Santa Caltabiano, Maurizio Manco, Alessandro Tozzi e Rinaldo Caddeo.
Dalla prefazione di Amedeo Ansaldi:
Gli aforismi della presente antologia risalgono tutti al primo lockdown (9 marzo-18 maggio 2020, lasso di tempo interamente coperto dal Diario della quarantena di Maurizio Manco): un periodo di grandi difficoltà sanitaria, economica e sociale, nonché una parentesi fra le più singolari e talora tragiche nelle vite di tutti noi, nella quale il mondo di prima dell’emergenza riaffiorava saltuariamente alla memoria di molti come un Eden remoto e quasi mitico (“La vita normale è disponibile in filmati di repertorio.”), e che resterà verosimilmente impressa a lungo nella memoria collettiva per i traumi che ha provocato in tanta parte della popolazione: la perdita, in circostanze spesso tristissime, di persone care (“Qui si muore alla giornata.”, ”Sars.cofago - Modello di bara per vittime covid”); il rovinoso impatto socio-economico del profluvio di ordinanze, con tante attività commerciali costrette al fallimento e duri sfoghi di piazza; le nuove-vecchie forme di solitudine (“Oggi ho ottemperato in pieno alle ordinanze: sono stato a casa, lontano da tutti, anche da me stesso.”); la cronaca insomma di un’esistenza che si trascina fra la poltrona, il balcone e – a patto di essere negativi al virus - il supermercato (“La vita in fondo è solo una parentesi fra due tamponi.”). Delle questioni e polemiche più contingenti (talvolta francamente folcloristiche) non si coglie qui, per fortuna, più che un’eco lontana, velenosa o ironica secondo la disposizione d’animo del momento e dell’autore, ma sempre tendenzialmente pessimista. Piuttosto, il repertorio raccolto nelle poche ma dense pagine che seguono è l’espressione di un disagio esistenziale certo preesistente al diffondersi del virus, ma che ha trovato nella quarantena forzata una sua occasionale, inopinata cornice comune. Naturalmente è possibile (perfino auspicabile) che entro 10-20 anni molti tra gli aforismi qui compresi - sbiadita la memoria dell’emergenza sanitaria e del pubblico dibattito che con tutte le sue incongruenze e meschinità l’accompagnava - diventino di ardua se non impossibile comprensione in assenza di un apparato di note esplicative (che peraltro comprometterebbe il gusto di assaporarle nella loro ammirevole immediatezza); ma ve ne sono anche tantissimi che rispecchiano pensieri e sentimenti di portata universale che, pur originalmente espressi, sono ricorrenti tra le fila dell’umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi bui della Storia.
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Silvana Baroni, Per amor di dubbio
Per amor di dubbio è l’ultima silloge aforistica in ordine di tempo di una fra le maggiori autrici italiane in questo genere letterario.
Dalla prefazione di Amedeo Ansaldi:
Nella varia ed eclettica attività professionale, artistica e letteraria di Silvana Baroni - psichiatra e analista junghiana, pittrice, commediografa, novelliera, poetessa - l’aforisma occupa un posto non secondario, tanto che l’autrice è considerata ormai una tra le più significative e autorevoli eredi di quella straordinaria triade novecentesca costituita da Maria Luisa Spaziani, Alda Merini e Lalla Romano, le uniche tre rappresentanti di sesso femminile presenti nel fondamentale doppio volume dei Meridiani Mondadori Scrittori italiani di aforismi, a cura del prof. Gino Ruozzi.
L’esordio aforistico di Silvana Baroni risale al lontano 1992, anno dell’uscita di Tra l’Io e il Me c’è di mezzo il me, ed. Il Ventaglio. A questa prima, promettente prova, sono seguite cinque raccolte: Neppure i fossili, Quasar ed. (2007); Il bianco, il nero, il grigio, Joker ed. (2011); ParalleleBipedi, Città del sole ed. (2013); Il doppiere e lo specchio (2014) e Fuori dalle orbite, nulla di cosmico (2016), entrambe per La Mandragora ed.
Nelle pubblicazioni sopraccitate, che le sono valse negli anni numerosi, importanti riconoscimenti, l’aforista romana ha espresso le sue non comuni doti, in puntuale sintonia con quella che è la più autentica vocazione di questo genere letterario, storicamente caratterizzato, almeno dal ‘600 in avanti, da una ricerca intransigente della verità sui moti segreti dell’animo umano, non esclusi quelli più meschini e inconfessabili: quanto di più lontano possa immaginarsi dall’imperante politically correct. L’autrice procede in una lettura impietosa e senza sconti dei discutibili comportamenti delle persone, che sottintende uno sdegno e un’amarezza che scorrono sotterranei, peraltro filtrati dal controllato disincanto di chi troppo bene conosce il vivere del mondo: un avvertito e sapiente distacco che non traligna tuttavia mai nel cinismo e suggerisce, al contrario, sconcerto e pena per lo spettacolo di tanta umana miseria.
L’aforisma di Silvana Baroni, insieme veleno e antidoto, “mira al cuore dei problemi, alla retta fra due punti”, ed è spesso aguzzo e inesorabile nell’illustrare l’insulsaggine, la volgarità, il fariseismo tutt’oggi egemoni; nel fustigare il dominante, futile perbenismo, alternando (se del caso…) al sorriso tagliente il pugno nello stomaco:
Ci sono anime gemelle e anime doppioni.
C’è chi vive la vita e chi la frequenta.
Chi transenna prima o poi dovrà saltare.
Nei libri, o trovi pagine di scrittori, o scrittori di pagine.
L’autrice denota, nondimeno, la spiccata tendenza a ridimensionare, per quanto possibile, la portata delle povere vicende umane, non disdegnando, per conseguenza, la confezione di brillanti calembour - ben calibrati giochi di parole fondati su assonanze o coppie di contrari nelle quali è particolarmente versata e che non sono mai meri funambolismi; mirano bensì, ancorati alla concreta esperienza quotidiana, a cogliere sottilmente limiti, falle, fratture, debolezze universalmente diffusi:
Circolo vizioso: frequentare circoli in cui fanno quadrato i soliti.
L’amore: a volte impollina, a volte impallina.
Le freddure nascono da verità scottanti.
Le sillogi presentano, beninteso, anche momenti in cui prevalgono osservazioni più pensose, esito di un’attenta e scaltrita analisi del mondo e dei suoi meccanismi e processi impliciti:
Viene il sospetto che chi ha scritto pagine indimenticabili abbia avuto una vita da dimenticare.
Si fa poesia con le parole che più ci sono mancate nella vita.
In amore: chi s’illumina a un colpo di fulmine, chi si ustiona per un petardo abbandonato.
Nella sua ultima fatica - appunto la presente raccolta Per amor di dubbio - Silvana Baroni conferma e anzi affina, se possibile, le doti mostrate nelle prove precedenti: sul piano stilistico, l’esemplare, caustico laconismo, frutto di una tenace e puntigliosa applicazione sul testo, alla continua ricerca della parola giusta, dell’espressione più stringata calzante; la composta vis polemica; la puntuale esatta introspezione psicologica; la capacità di stanare inveterati pregiudizi e disgregare dall’interno le facili e corrive certezze, costringendo il lettore a prendere atto dell’ingrata realtà; la vigile indagine sui costumi condotta con ferma tensione etica; e, ancora sotto il profilo formale, la ricerca della pointe (la puntura, il pungolo), perseguìta non già per ottenere l’effetto di uno sterile e vuoto coup-de-théâtre, ma per l’esigenza di rendere ancora più viva e manifesta, e insieme sorprendente, paradossale, l’intuizione all’origine dell’aforisma mediante una sterzata improvvisa che ne rovescia il senso, aprendo uno squarcio su verità altrimenti misconosciute.
C’è chi si aspetta il meglio della vita… dalla vita in giù.
In ognuno c’è un didentro e un difuori, ma è il didietro a colpire di più!
Facebook: tanti, troppi, tutti, nessuno.
Trovato il nocciolo, sputava la questione.
Altre inclinazioni peculiari sono il ripudio intransigente, anti-romantico di qualsiasi stucchevole sentimentalismo (Ch’era primavera non glielo disse una rondine, ma una cornata di bufalo infoiato.); l’acutezza di certe intuizioni (Il rammendo svela assai più dello strappo e del ricamo.; La verità ha le stesse diottrie di chi la guarda.); la ruvida schiettezza degli avvertimenti (Nell’inchinarsi a un potente si rischia di offrire le terga ai servi!; Le passioni, come la rosolia ed il morbillo, è rischioso non averle a suo tempo.; Se non scegliamo la parte, è la vita che ci recita.).
Concludiamo su una nota più alta e malinconica, perfino struggente: le osservazioni dettate dalla consapevolezza del passare inesorabile e doloroso del tempo, che pone in una prospettiva diversa, più clemente e umana, il patetico spettacolo delle debolezze denunciate:
Si diventa vecchi appena si ha voglia d’intrattenersi con le foto.
La vita è una strana staffetta: giorni che corrono senza passarsi il testimone.
Iniziò come oggetto smarrito, continuò come vuoto a perdere.
Ho rotto con il passato, ma vivo dei suoi cocci.
Ogni giorno che se ne va mi lascia vedova.
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Lidia Sella, Pensieri superstiti
Lidia Sella è un’altra autrice di primo piano nell’arte aforistica. I suoi Pensieri superstiti sono usciti per puntoacapo nel 2020.
Dalla nota di Gino Ruozzi:
L’aforisma come genere oscilla tra il compimento e la catastrofe, la pienezza e la lacerazione. Questa duplicità, così bene indicata da Robert Musil e da Ferruccio Masini, è implicita nel suo essere al tempo stesso unità e frammento, pienezza e mancanza. L’aforisma chiede aiuto e cela nella sua apparente perentorietà questa radicale necessità esistenziale. Gli aforismi di Lidia Sella sono frecce e pungoli, denunciano e procurano ferite che possono far male ma anche risanare, chiedono aiuto e pure lo offrono. Nella nostra meditazione contemporanea sono punti di vista con cui è bene confrontarsi. Come scriveva Bacone, il genere dell’aforisma è per sua stessa natura dialogico, gli spazi bianchi chiedono di essere riempiti da altre voci, siano esse in sintonia o in contrasto. L’aforisma rifugge l’omogeneità. In quest’ottica le massime di Lidia Sella possono essere taglienti e fertili pietre di paragone.
“Mi sfiori, e io affioro.”
“Un lampo a rischiarare la lunga notte dell’uomo l’opera d’arte.”
“Inutili, deserti, dimenticati: i luoghi di villeggiatura fuori stagione mi rispecchiano.”
“Come sarà la mia prima estate senza di me?”
“Mi sforzo di afferrarti, mamma, ma sei già così lontana sulla tua zattera alla deriva.”
“I libri che ancora non ho letto: il paradiso che mi attende.
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Giorgio Gramolini, Frammenti di inesistenza
Con questi Frammenti di inesistenza Giorgio Gramolini ha vinto l’ultima edizione (2022, sezione Aforismi) del prestigioso Premio Città di Como e ottenuto una menzione al Premio Torino in Sintesi 2022 (edizione speciale per volumi editi).
L’autore si era già imposto nel ‘Torino in sintesi’ nel 2016 con Pensieri scorretti (sez. Editi). Nella presente pubblicazione riprende e sviluppa, con esemplare laconicità e lucida e puntuale sobrietà, in uno stile sempre sorvegliato, i temi ricorrenti del suo pensiero: lo scandaglio impietoso dei moti dell’animo umano, la disillusa indagine sociale, la amara rappresentazione di contro-verità misconosciute, la denuncia polemica dell’imperante ipocrisia, la meditazione radicale sull’inafferrabilità della realtà circostante.
La sua prosa non gioca sullo spiazzamento concettuale oltre i limiti esteticamente leciti. E anche quando il tono è più scanzonato e leggero (“Rivoluzionari del 2000: fuori dagli schemi ma mai fuori dagli schermi.”; “Se non volete dirci la verità, fateci almeno sapere a quali bugie dobbiamo credere.”; “La medicina che non sa inventare la cura, inventa la malattia.”), Gramolini ha sempre qualcosa di serio e importante da proporre al lettore.
Il libro si divide in due parti: la prima (‘Sopravvivenza’), più intima ed
‘esistenziale’ (“Le nostre vite sono incisioni rupestri o segni tracciati
sulla sabbia con un bastoncino?”; “Chi sa di avere un sosia
presuntuosamente dimentica di essere un sosia.”; “Le promesse più
difficili da mantenere sono quelle che facciamo a noi stessi.”; “Vorrei
lucidare l’immagine del mio presente, ma non riesco a togliere le
incrostazioni del passato.”); la seconda (‘Socialità’) è intesa ad analizzare piuttosto i rapporti fra le persone, i comportamenti dell’uomo in mezzo ai propri simili (“Se non vuoi sporcarti la coscienza, devi almeno sporcarti le mani.”; “La tua assenza è più ingombrante della tua presenza, con l’aggravante che non posso metterla alla porta!”; “Ci sono uomini che sanno essere più forti dei loro stessi principi.”), e qui avverti anche una radicale disillusione sulla capacità dell’uomo di costruire una società conforme ai più elementari principi di equanimità (“La giustizia non saprà mai essere interamente giusta, per questo si barcamena oscillando tra la spietatezza e la tolleranza.”; “Una giustizia che sa solo perdonare è debole e vana quanto una giustizia che sa solo vendicarsi.”): peraltro, le due sezioni si specchiano l’una nell’altra sotto l’egida comune di un tendenziale, ma mai gratuito, pessimismo, come si conviene a questo genere letterario, nel quale Gramolini si impone ormai come una delle voci più autentiche e risentite nel nostro Paese.
Motivazione della giuria del premio Torino in sintesi per il conferimento della menzione speciale (edizione 2022):La giuria menziona Frammenti di inesistenza di Giorgio Gramolini, per aver l’autore saputo sviluppare, con lucida sobrietà e in uno stile sorvegliato, i temi ricorrenti del suo pensiero: le acute riflessioni sull’arte e sull’amore, la disillusa indagine sociale, lo scandaglio impietoso e sconsolato dei moti dell’animo umano, l’amara risentita esposizione di verità sgradevoli, sempre operanti ma misconosciute, la denuncia polemica dell’imperante ipocrisia e la meditazione radicale, sgomenta sull’inafferrabilità della realtà circostante e della nostra stessa esistenza terrena.
* * *
Maurizio Manco, Breviloqui
Maurizio Manco è uno degli autori italiani di aforismi contemporanei più brillanti, vincitore e plurimenzionato in diverse edizioni del ‘Torino in sintesi’. Improntata a un sostanziale pessimismo è pure l’ispirazione aforistica di Maurizio Manco: l’autore di questo Breviloqui (sempre con prefazione di Gino Ruozzi) ha composto con stile castigato un repertorio di detti di formulazione davvero lapidaria (una-due righe al massimo, come suggerisce lo stesso titolo) e di invidiabile pregnanza concettuale. L’amarezza di fondo, riflesso di un pessimismo cosmico ai limiti della disperazione, di uno sconforto però virilmente dignitoso, fermo, non urlato, si coniuga efficacemente con un’ironia non compiaciuta e vagamente crudele, tanto più efficace per questo.
Il suo programma letterario potrebbe riassumersi nell’aforisma: Vivere lucidamente, ma anche ludicamente.
Ecco alcuni degli aforismi tratti dalla pubblicazione, che costituisce una sorta di auto-antologia:
L’uomo sarà certo di aver realizzato la prima macchina intelligente quando questa gli confesserà di essere infelice.
Ogni vita è un fiore schiacciato tra le pagine del tempo.
Forse ciò su cui camminiamo è il rovescio del mondo.
Essere pubblicati in un’antologia è come salire su un treno: non sai mai con chi càpiti.
Leggere è caricarsi del peso di cui l’autore si è liberato scrivendo.
La nostra anima: il nostro piccolo inferno portatile.
Aveva un compito nella vita, ma andò fuori tema.
Ciò che rende tragica la fine è che di rado il corpo e la mente si arrendono insieme.
Ai miei organi: «Uno di voi mi tradirà».
Un sasso può aspettare per milioni di anni che la mano di un bambino lo scagli nel mare.
Dalla prefazione di Gino Ruozzi:
Maurizio Manco ha una evidente felicità di scrittura aforistica. Ha un taglio molto netto, pungente, efficace, riserva sempre qualche sorpresa. Ha quindi a mio avviso le qualità migliori dello scrittore di aforismi, che sa leggere la realtà in modo profondo e penetrante, discostandosi dai luoghi comuni. A volte fa anche sorridere, come accade con le sorprese ben riuscite. Manco ci mostra aspetti e lati del mondo che spesso non vediamo, lui invece li coglie, li ferma, ce li rimanda con la sua originale e lenticolare interpretazione. Egli predilige le forme più brevi, seguendo il dettato di Gesualdo Bufalino secondo cui “Un aforisma benfatto sta tutto in otto parole”. Si tratta naturalmente di un’indicazione come un’altra, sia Nietzsche sia Kraus si sono mossi con grande libertà per quanto riguarda le misure quantitative dell’aforisma. La lunghezza lapidaria è comunque la prediletta di maestri come Leo Longanesi e Ennio Flaiano, La Rochefoucauld, Wilde, Canetti, Cioran. È in questo contesto di modelli e di preferenze che si muove Manco con la sua penna sagace, tagliente e illuminante, riflessiva e rapida. Come per altri scrittori di aforismi, il mondo da lui disegnato è lontano da quello delle “magnifiche sorti e progressive”; manifesta invece il disincanto dell’aforista di razza, che non si sottrae alla lucidità del giudizio impietoso, sia verso la società sia verso sé stesso. Anche in questo è perciò salutare, perché non si risparmia né si nasconde nell’ipocrisia. È una bella tonificante lettura, un confronto dal quale si esce più coscienti, forse anche migliori.
Dalla scheda biografica dell’autore
Maurizio Manco (Gallipoli, 1963) è laureato in Storia dell’Arte a Firenze, città dove vive e lavora, occupandosi di diritti civili, nella pubblica amministrazione. Schivo per natura, umanista malgrado l’uomo, verso cui nutre un fiducioso scetticismo, coltiva masochisticamente il benefico disagio del pensiero, sempre in bilico tra sogno e disincanto, idealismo e cinismo. Pratica ossessivamente il “vizio impunito” della lettura, con un’insana predilezione per gli scrittori suicidi; pesca perle letterarie e colleziona citazioni. Da quando è rimasto folgorato sulla via di Cioran, scrive aforismi, tentando con alterno successo di affrancarsi dall’imprinting del maestro di stile e di vita, ma senza giungere al parricidio. Sue sillogi aforistiche sono comparse nelle sopraccitate pubblicazioni. Nel 2016 ha vinto, nella sezione inediti, il ’Premio Internazionale per l’Aforisma Torino in sintesi’ (il più importante concorso italiano dedicato a questo genere letterario), ottenendo menzioni di merito nelle due successive edizioni. Nel 2020 ha vinto il premio di filosofia “Le figure del pensiero” (sezione aforismi), con sede a Certaldo. Nel 2020 ha anche pubblicato un significativo “Diario della quarantena”, incluso nell’antologia Aforismi della quarantena (puntoacapo editrice).
* * *
Mario Marchisio, torinese, autore di Caleidoteratoscopio, torto e ragione del frammento, è uno scrittore e critico pienamente affermato, già autore di numerose opere di poesia, narrativa e saggistica.
Il libro di cui parliamo in questa sede consta di 169 pagine e 543 aforismi, tutti numerati, alcuni dei quali piuttosto lunghi (anche un paio di pagine) e variamente articolati e argomentati.
L’originalità, la pregnanza, l’efficacia di tanti suoi aforismi aspri, polemici, intransigenti, dagli accenti fortemente vissuti, ne fanno passare in secondo piano - come avviene sempre nei veri artisti - il deperibile contenuto ‘dottrinale’, se così possiamo esprimerci, e segnatamente: il radicalismo teologico, la stretta aderenza al dogma, l’avversione a certe aperture liberali, le venature misogine e insomma il ripudio quasi totale della modernità.
I temi trattati, con grande finezza, da Marchisio, sono i più vari.
La relatività dei punti di vista (Talvolta, anche la verità più sublime emana una torbida luce di menzogna. Tutto dipende da chi la contempla.); la mancanza di qualsiasi illusione sul fenomeno-uomo, non disgiunta peraltro dalla tenace salvaguardia della sua dignità, finanche alle soglie del nichilismo (Perché ti sta tanto a cuore la struttura morale dell’universo, nella quale non credi?); le diverse sfaccettature dell’animo umano (Da qualche giorno lo corteggiano. E lui?... Come ente spirituale se ne commuove, come filosofo ne sorride; come emissario delle tenebre, ne approfitta.); la denuncia dell’illusorietà vertiginosa dei sensi e delle eterne contraddizioni della natura umana (Abituarsi ad ogni cosa effimera, tranne che alla vita.); il ripudio di qualsiasi volgare utilitarismo (Perché disdegnare con tanto accanimento la simpatica «fatica sprecata»? Tu, io, ogni altro essere, ogni non-essere, che prepondera, ogni terra ed ogni oceano, ogni stella, ogni galassia, ogni universo, ogni spazio ed ogni tempo, non siamo - non sono - Fatiche Sprecate?); gli impegni solenni con sé stesso (Non voglio giustificarmi, mai più.); la ciclicità della storia, che si prende gioco degli effimeri ideali umani, che troppo presumono da sé stessi (La ruota gira, non si ferma. Un giorno torneranno Principi e Stati assoluti. E il «popolo sovrano», puntualmente, tornerà a infischiarsene della democrazia, proprio come oggi deride compatto la nobiltà.); la forza occulta delle pressioni sociali (Col passare del tempo, si finisce per diventare quel che sembriamo.); la fatuità di troppi (Svelava misteri per passatempo.); il mondo come sequenza di efferatezze senza tregua (Non c’è giorno dell’anno in cui il sole, sorgendo, non illumini la scena di qualche abominevole delitto.); indicazioni, infine, sul modo di scrivere, nel quale Marchisio è scaltrito, indiscusso maestro (Duro, geometrico, implacabile stile; ma intessuto di trasalimenti ed ebbrezze, inauditi).
Cediamo ancora alla tentazione di qualche altra breve citazione sparsa.
Dice ancora l’autore: Rispettatemi, ho conosciuto la felicità. E noi sapremo che avrà conosciuto anche il dolore.
Emette un’invocazione suprema: Libera nos a toto.
Offre una definizione impietosa della nostra specie: Peccato originale o no, l’uomo resta spugna e mantice di corruzione.
Non sono presenti, peraltro, solo ombre; anche qualche rado raggio di sole: Amicizia: mano che ci sorregge, farmaco pietoso, bussola e miracolo nell’uragano imperversante: luce della vita.
Su questa nota, se non lieta, almeno consolatoria, chiudiamo il discorso su Caleidoteratoscopio, non senza aver prima ricordato che il libro è corredato da una competente e puntuale, acuta e interessantissima post-fazione di Daniele Caroppo.
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Lorenzo Morandotti, I demoni della speranza
Come segnala Franco Manzoni nella rubrica ‘Soglie’ sul Corriere della Sera in data 20 novembre 2022 a proposito della pubblicazione:
UN SOLO DELITTO - L’utilità del paradosso surreale. Per Lorenzo Morandotti (Milano 1966) l’esistenza si esterna solo in forma di scrittura. Il suo progetto è continuare a vivere nel percepirsi già morto. In più di 250 aforismi l’autore glorifica la potenza della parola da pungente e abile prestigiatore. Così una lacrima è capace di scuotere il mondo, mentre l’unico delitto è rinunciare all’intelligenza.
Motivazione della giuria del Premio Torino in sintesi per il conferimento della menzione (edizione 2020): “Le frasi di Lorenzo Morandotti sono riverberi di un mondo in cui le certezze e le verità sono sospese, funambolici esercizi di paradosso sulla vanità dell’uomo, lucide osservazioni della realtà alla ricerca di quella crepa attraverso la quale emergono le debolezze e le imperfezioni dell’universo che ci circonda”.
Dalla prefazione di Mario Marchisio:
Discernimento notturno
Facendo eco al «cerca di vivere come un uomo che non esiste», consigliato dai Padri del deserto, Lorenzo Morandotti propone, con finalità puramente letterarie, un programma interiore molto simile a quello degli asceti che popolarono le zone impervie della Tebaide fra il III e il VI secolo. Nel caso dello scrittore comasco, si tratterebbe, per l’esattezza, di vivere come un uomo che abbia... cessato di esistere.
La breve prosa posta in limine a questo aureo libretto di aforismi, nel dettagliare il paradossale programma atto a garantire lunghe, interminabili sequenze di notti - e di notti soltanto - nelle quali «leggere serenamente», mette in mostra la propensione ludica e non di rado surrealistica che abbiamo conosciuto e apprezzato nella prima raccolta del nostro autore, così come il suo gusto di spingersi fino alle estreme conseguenze di ogni premessa, fosse anche la più folle e bizzarra.
Ma se tale obiettivo non venisse mai raggiunto? Se continuassimo a pensarci e a sentirci viventi, assediati dalla carne, dalla morte e dal diavolo, per dirla con un titolo di Mario Praz? - Nessun allarme, il rimedio è già stato trovato, poiché Morandotti è un aforista di rango superiore e si libera con agio e calma sovrana da un simile inconveniente. Egli infatti ama occultare nelle sue frasi lapidarie, con abile mossa da giocoliere, una parte cospicua delle premesse, lasciando la parola alle nude conseguenze. E la luce che esse sprigionano diventa di colpo abbagliante e ci prende di sorpresa, ci disorienta, ci scuote dalle nostre abitudini mentali procurandoci un benefico shock.
Il grande tema di Morandotti in veste aforistica, sia nella raccolta d’esordio che in questi Demoni della speranza, è funzionale alla strategia, alle mosse e contromosse cui ho fatto cenno, poiché ruota intorno all’idea di Mallarmé secondo la quale il mondo esiste unicamente per incarnarsi in un libro. La vita del soggetto è vincolata alla propria irrilevanza, nel senso più radicale del termine, tranne nel caso, appunto, che costituisca un tutt’uno col Welt der Formen e venga convogliata in un’opera scritta. «Potremmo vivere, se finissero le parole». Ma le parole, lo sappiamo, non sono destinate a cessare, si moltiplicano anzi all’infinito, ci sotterrano nel loro ambiguo magma.
«La parola si nutre senza mani. Va alla deriva in un semplice nome. Ha bisogno di veglie, di esatte cornici». Ed ecco dunque individuato il motivo che ha spinto Morandotti a formulare una delle più commoventi dichiarazioni d’amore per l’arte della parola degli ultimi decenni: «Ogni volta che prendiamo in mano un libro dovremmo inginocchiarci e sorridere».
Se quel che ho cercato di tratteggiare costituisce il nucleo dinamico e cangiante da cui scaturiscono gli oltre duecentocinquanta aforismi di questo volume, resta comunque aperta la possibilità di catalogarli in gruppi e sottogruppi in base all’argomento o all’atmosfera che da essi trapela, alla coloritura espressiva delle prevalenti scelte lessicali e stilistiche, e così via. Ce ne sarebbe insomma da far morir di noia il benevolo lettore, uscito invece indenne e a suo modo baldanzoso dalla delibazione di un’opera esigua nel-
la mole quanto densa e ricca nelle sue fronde e radici, riguardo alle quali bisognerà citare almeno tre maestri indiscussi del pensiero negativo, vale a dire Nietzsche, Kraus e Cioran, e la Wunderkammer in cui si alternano le acrobatiche giravolte dei loro aforismi al fulmicotone.
Anche all’ombra di quei padri nobili, Lorenzo Morandotti ci consegna il suo elegante scrigno verbale, dimostrando di saper tradurre sul bianco della pagina tutto il dolente enigma che precede ogni scrittura degna di questo nome, messa alla prova con puntigliosa, diuturna severità. Di tenebra in tenebra, una notte dopo l’altra. «E alla fine spunta l’alba di un giorno senza tramonto».
“Anche se il corpo è una camera d’albergo, ne restituirai la chiave una volta sola.”
“Tutti complici. Nessun colpevole. Solo clienti.”
“Il crimine è efferato se non genera apostoli ma solo imitatori.”
“Date ascolto all’anima. Prima che vi distrugga.”
“Hai bisogno della volontà solo quando sei in grado di metterla a tacere.”
“L’inferno che meritiamo è una babele miserabile dove ogni parola si equivale.”
“Più ostile dei fatti è la vergogna di chi li ha commessi.”
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Nicola Farina, 101 idee solubili. Osare con cautela
Nicola Farina, nato nel 1968, romano, laureato in Economia e Commercio, di giorno lavora in banca, appena finisce inizia a scrivere.
Dopo aver fatto il suo esordio nel 2018 con il libro L'ironia della chiave, ha vinto nello stesso anno il premio per i migliori aforismi inediti nel concorso “Torino in sintesi”.
Questa la motivazione della giuria: “Siamo di fronte ad una architettura solida ed omogenea, ad una voce autentica, limpida, misurata. È l’espressione critica del pensiero senza ruvidezza critica, senza ostentazioni né ricercate espressività. Nessun intento a sorprendere, a divertire, ma brevi intensi enunciati attraverso i quali l’Autore scompone e ricompone le così dette “verità della vita” con rigore espressivo e malizia, con sapienza letteraria e humour. Una misura che è frutto del distacco e al contempo della curiosità: uno sguardo messo a nudo attraverso un linguaggio nudo e una scrittura impeccabile”.
Nel 2019 dà alle stampe Segno o son testo, ancora una silloge di aforismi impreziositi dai disegni di Paola Mazzetti. Nel 2021 ha pubblicato per Teseo
Editore il romanzo Mai bar.
Per suggerire il clima della silloge, segnaliamo solo alcune fra le prime, brillantissime sentenze tratte dalle 101 idee solubili:
Dio è morto, ma la sua eredità non la vuole nessuno.
Coltivo i miei sogni. La realtà è il concime.
Volevo sapere il significato della vita, ora mi basta conoscerne i sinonimi e contrari.
Avevo la stoffa, ma ci ho ricamato troppo sopra.
Tutti a cercare il senso della vita, quando la vita di un senso dura meno di un attimo.
Non riconosco i miei errori. Eppure mi somigliano.
Ho ricevuto l’ennesima chiamata da Dio. Sta diventando molesto.
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Simone Magli, Imparando
Simone Magli, autore della breve silloge aforistica Imparando, è un giovane promettente all’esordio. Ha infatti 37 anni - una giovane età per un genere come quello aforistico, al quale solitamente ci si dedica più avanti negli anni - ed è qui al debutto, almeno come aforista (aveva già pubblicato recentemente un volumetto di poesie, sempre per puntoacapo editrice).
Imparando è costituito da una cinquantina di aforismi di grande immediatezza e lapidarietà. In questa breve, agile raccolta di aforismi del poeta e fotografo pistoiese, autore anche di haiku, prefato da Lorenzo Spurio, si susseguono riflessioni asciutte e stringatissime (una-due righe al massimo di regola) su vari aspetti della vita, in primo luogo la libertà, la solitudine, il dolore, la grandezza - riflessioni nelle quali emergono un timbro di verità che deriva dall’esperienza diretta, come sempre dovrebbe essere, e la saggezza di chi ha meditato a lungo sui casi occorsigli, sia che questi si riferiscano alla sfera interiore che alle vicende della vita sociale.
Proponiamo alcuni di questi bei pensieri, un piccolo saggio della bravura dell’autore e del clima del libretto:
“La grandezza è tale solo se riesce a contenersi.”
“C’è già tutto sulla tua strada: pensa solo a illuminarla.”
“I grandi cambiamenti si rivelano nelle piccole cose.”
“Il dolore come archeologia della verità.”
Aforismi che rivelano, in definitiva, un talento precoce, da coltivarsi con umiltà e tenacia nel tempo.
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Rinaldo Caddeo, L’incendio
A questa collana appartiene anche il libro di prose e racconti brevi L’incendio di Rinaldo Caddeo. Rimandiamo per quest’ultimo alla bellissima intervista rilasciata dall’autore alla rivista online Odissea:
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Breve discorso sull’aforisma in generale tenuto da Amedeo Ansaldi durante la presentazione de I demoni della speranza di Alessandro Morandotti alla Fiera del Libro di Como (settembre 2022):
Buonasera a tutti.
Come prima cosa ringrazio la Fiera del Libro di Como e l’amico e autore Lorenzo Morandotti per l’invito, e tutti i presenti, per l’opportunità che ci viene offerta di presentare, oltre al libro I demoni della speranza di Lorenzo, anche Candide, la collana aforistica di cui esso fa parte, una fra le poche in Italia interamente dedicate a questo genere letterario che comunemente riscuote scarsa attenzione fra il grande pubblico, nonostante che scrittori molto famosi vi si siano cimentati, spesso anche in modo preponderante, se non esclusivo (La Rochefoucauld, Nietzsche, Oscar Wilde… per non citare che i più noti); anche se, o proprio perché, è la quintessenza della letteratura, l’aforisma è rimasto un genere marginale, e ancora oggi, nonostante una tradizione gloriosa, plurimillenaria, un autore vi si può cimentare con intatto spirito pionieristico.
Prima di passare alla presentazione vera e propria della collana, due parole sul genere letterario. Anzitutto, cos’è l’aforisma? La definizione ufficiale, da vocabolario, recita più o meno: ‘Proposizione che riassume in brevi e sentenziose parole il risultato di precedenti osservazioni o che, più genericamente, afferma una verità, una regola, una norma di saggezza o una massima di vita pratica.’
Definizione certamente ineccepibile, puntuale, ma non esaustiva, che merita di essere approfondita e corredata, nei limiti del tempo disponibile, da qualche esempio e citazione.
La caratteristica subito evidente dell’aforisma è la brevità, l’estrema economia di mezzi espressivi. L’esigenza di riuscire stringati nell’esposizione delle idee, a beneficio del lettore non meno che dell’arte, appariva chiara già in epoca antica. Fin dagli albori della filosofia Talete ammoniva che: “Molte parole non sono mai indizio di molta sapienza”, mentre secondo Seneca: “E’ proprio di un grande artista saper racchiudere tutto in un piccolo spazio.” “Poco e buono” sarà il criterio che informa i Ricordi del Guicciardini: meglio “uno fiore che accumulare tanta materia.” Pascal si scusava con un amico a cui scriveva dicendo: “Ho fatto questa lettera più lunga solo perché non ho avuto il tempo di farla più corta.”: quindi la brevità - anche - come risultato di una lunga e tenace applicazione sul testo. L’aforisma non si dilunga in particolari che possano essere vantaggiosamente sottaciuti ed esalta la concentrazione delle idee. Il critico Alfonso Berardinelli rileva: “E’ una piccola leva con cui si possono sollevare interi mondi.” E Nietzsche confessa che “La mia ambizione è di dire in dieci frasi quel che chiunque altro dice in un intero libro… quel che chiunque altro non dice in un intero libro.”
L’ambizione dell’aforisma, specie quello moderno, è di togliere il fiato al lettore; magari di farlo sobbalzare sulla sedia; di perseguire la cosiddetta pointe, ovvero l’effetto-sorpresa, il capovolgimento inatteso del dettato iniziale con conseguente spiazzamento del lettore. In questo senso va intesa anche la definizione coniata da Giovanni Papini: “L’aforisma: una verità detta in poche parole - epperò in modo da stupire più di una menzogna.”
L’aforista rifugge dalle parole strane, ricercate, rare. Nessun lettore comune dovrà mettere mano a un vocabolario per penetrare il significato di un aforisma; gli ostacoli che il genere propone sono solo di ordine concettuale.
Paul Valéry scriveva: “Mi sembra che l’anima, quando è sola e parla con sé stessa, usi soltanto un piccolo numero di parole, e tutte ordinarie.” E raccomandava questa regola generale: “Fra due parole bisogna scegliere la minore.” Mentre Karl Kraus osserva: “Adoperare parole inusuali è un atto di maleducazione letteraria. Solo le difficoltà di pensiero devono essere messe fra i piedi del pubblico.” Roberto Morpurgo (autore comasco, vincitore fra l’altro del Premio Città di Como, sez. aforismi) asserisce che: “Perfetto è lo stile capace di presentare parole comuni come se fossero coniate per l’occasione.”
L’aforisma è sempre il coronamento di una serie di riflessioni che lo precedono e che rimangono implicite, e nello stesso tempo funge anche da punto di partenza per una catena di riflessioni nuove, affidate all’iniziativa del lettore avvertito.
Come si sarà intuito, l’aforisma tende piuttosto a suggerire provocatoriamente la verità, che a esprimerla in via diretta: “L’aforisma non coincide mai con la verità: o è una mezza verità o una verità e mezzo”, sostiene Karl Kraus, che dirà anche: “Un aforisma non ha bisogno di esser vero, ma deve scavalcare la verità. Con un passo solo deve saltarla.” Si devono evitare insomma spiegazioni, puntualizzazioni che appesantirebbero il testo; come ammoniva Jean Rostand: “Temere sempre di affievolire aggiungendo. Rispettare la commovente pochezza del vero.”
Nell’antichità la forma breve assolveva soprattutto a funzione di massima di saggezza:
“Taluni pensano che commettere ingiustizie sia il solo modo di esercitare il potere.” (Sallustio)
“Che c’è di più duro di una pietra e di più molle dell’acqua? Eppure la molle acqua scava la dura pietra.” (Ovidio)
“Niente è più contrario alla guarigione quanto il cambiare spesso i rimedi.” (Seneca)
“Checché dica qualcuno sul tuo conto, non badargli, perché non è cosa che ti riguardi.” (Epitteto)
“Le conseguenze della collera sono sempre molto più gravi delle sue cause.” (Marco Aurelio)
In età moderna invece l’aforisma è generalmente brillante, paradossale, perfido, scorretto, addirittura cinico, sempre tendenzialmente pessimista:
“Sono rari i difetti che non siano più perdonabili dei mezzi usati per nasconderli.”
“I vecchi amano dare buoni consigli per consolarsi di non poter più dare il cattivo esempio.” (La Rochefoucauld)
“Gli amici si dicono sinceri, i nemici lo sono.” (Schopenauer)
Niente sfugge agli strali dell’aforista moderno: in primo luogo, lo spirito del capitalismo:
“Per il mercante persino l’onestà è una speculazione finanziaria.” (Baudelaire)
“E’ solo non pagando i propri debiti che si può sperare di vivere nella memoria di un commerciante.” (Wilde)
“Niente spinge a commettere crimini finanziari più di una grande miseria o di una grande ricchezza.” (Twain)
“Che cos’è rapinare una banca, in confronto al fondarla?” (Brecht)
Il mito del progresso:
“Vi fu sempre di più nel mondo di quanto gli uomini potessero vedere, per quanto lenti andassero; non lo vedranno meglio andando veloce.” (Ruskin)
Altro bersaglio prediletto il falso intellettuale, arido e presuntuoso; il ciarlatano; l’erudizione spocchiosa e fine a sé stessa:
“Un libro è uno specchio: se è un asino che vi si rimira, non aspettarti di vederci un apostolo.” (Lichtenberg)
“La filosofia a ogni passo che fa getta via la pelle vecchia, e in essa si infilano i suoi seguaci peggiori.” (Kierkegaard)
“Un esperto è una persona che sa sempre di più su sempre di meno, fino a sapere tutto di nulla.” (Arthur Bloch)
Per l’aforisma non esiste niente di sacro. Anche la religione, e Dio stesso, possono diventare oggetto di critica, se non di dileggio, ma il vero bersaglio resta la falsa devozione, l’ipocrisia nella fede:
“Per compiere un’azione malvagia la devozione sa trovare delle giustificazioni di cui un galantuomo sarebbe incapace.” (Montesquieu)
“Abbiamo abbastanza religione per odiarci a vicenda; ma non abbastanza per amarci l’un l’altro.” (Swift)
“La prima cosa che un missionario insegna a un selvaggio è l’indecenza.” (Twain)
“Dio ha tratto ogni cosa dal nulla, ma il nulla traspare.” (Paul Valéry)
“L’impazienza di Dio nel pubblicare il mondo non finisce di sbalordirmi. Cose così si tengono nel cassetto per sempre.” (Bufalino)
L’aforisma registra storicamente anche un’inveterata tradizione misogina, che spazia dai toni più ironici, per es.:
“Hanno ragione a chiamare la moglie <la mia metà>; perché un uomo ammogliato non è più che una metà d’uomo.” (Romain Rolland)
“Menopausa: periodo di follia nella donna, che in certi casi conduce al manicomio il marito.” (Pitigrilli)
Misoginia che può toccare accenti di retriva e ostentata volgarità:
“La moglie fa risparmiare per qualche tempo la spesa delle puttane ma tutte le puttane del mondo non ci risparmiano il pericolo di prender moglie.” (Giovanni Papini)
Bene. Il discorso potrebbe essere molto più ampio e articolato. Spero comunque di aver dato quanto meno un’idea, sia pur frammentaria e lacunosa, dei modi, della natura, della funzione letteraria dell’aforisma. A chi fosse interessato, se vuol lasciarmi il suo indirizzo mail, posso inviare un testo con una trattazione decisamente più estesa della materia. Abbiamo inoltre stampato un’essenziale bibliografia sulle principali antologie aforistiche attualmente in commercio, per chi volesse cominciare a orientarsi in questo campo, molto più ampio di quanto generalmente si creda.
Bibliografia essenziale:
Scrittori italiani di aforismi (2 voll.), a cura di Gino Ruozzi, Meridiani Mondadori
Il libro degli aforismi, a cura di Federico Roncoroni, Mondadori
La saggezza degli antichi, a cura di Federico Roncoroni, Mondadori
Erasmo da Rotterdam (a cura di), Adagi, Bompiani
Il libro dei mille savi, a cura di F. Palazzi e S. Spaventa Filippi, Ulrico Hoepli
I moralisti classici, a cura di Giovanni Macchia, Adelphi
Citazioni (2 voll.), a cura di Elena Spagnol, Biblioteca Le Garzantine
Il filosofo portatile, a cura di Guido Almansi, TEA
Il moralista portatile, a cura di Carlo Alberto Brioschi, TEA
Moralisti francesi classici e contemporanei, a cura di Adriano Marchetti, BUR
Mille sentenze indiane, a cura di Paolo Emilio Pavolini, Sansoni Editore
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