Marc Alan Di Martino, Poesie tradotte da Angela D'Ambra
Kavafis
It was on a remote sidestreet
off Corso Vittorio, or maybe Piazza
delle Cinque Lune ‒ what difference
would it make, anyway? ‒ in a cramped,
neglected bookshop, one of the last
of its kind, uncomfortable for browsing.
Heaven-on-earth, in short. And there it was,
the book whose verses would fill my days
with rare delicacy, in its original Greek
with marvellous Italian translations
on facing pages. Edizioni del Leone,
Venice, 1993. I’d tote it everywhere
as I roamed the rain-tortured streets
in search of fragments of the kind of love
that swept Kavafis up. I’d scour faces
for chance exchanges in the library,
in a jeweler’s window, in an empty café
near the river, but no one there ever
noticed my looking. I was but a shadow
stalking myself in a mirror, an image
wrought by youth and my own restless mind
an angel wrested from its silver cloud
pinned down to Earth. I’d fall asleep
in its pages, under its muslin spell
of languid scholars, youths like marble satyrs,
pre-Christian codes of love. “Slow time,”
as Keats wrote. I wanted slow-
ness too, fresh from New York City
and its pounding ribcage. Saurian Rome
hadn’t changed much, as I’d come to see it,
from the gold-leaf days of Kavafis’ heady
lovers, when it was little more than
a fading empire, its languorous body
stretched out across the Mediterranean
like a tired courtesan, voluptuous, bursting
with signs and wonders of a strange new faith.
*
Late afternoon’s pink light, the orange garden
crowning the Aventine, its iron gates,
a roar of motor-scooters disturbing
the unbreathable air, and time
like a ruined clock stopped
forever in the slow turning
of sun-dappled pages.
Kavafis
Era in un vicolo remoto
vicino a Corso Vittorio, o forse Piazza
delle Cinque Lune – ma fa
davvero differenza? – in una libreria
angusta, malmessa, fra le ultime
del suo tipo, scomoda per curiosare.
Insomma: un Paradiso in terra. Ed eccolo là,
il libro i cui versi mi riempivano i giorni
di finezza rara, in lingua greca originale
con mirabili traduzioni italiane
a fronte. Edizioni del Leone,
Venezia, 1993. Me lo portavo ovunque
nel mio vagare per vie battute dalla pioggia
in cerca di frammenti del tipo d’amore
che travolgeva Kavafis. Scrutavo i volti
per scambi occasionali in biblioteca,
nella vetrina d’un orefice, in un bar vuoto
presso il fiume, ma nessuno mai c’era
che notasse il mio sguardo. Non ero se non un’ombra
che mi tallonava in uno specchio, un’immagine
da gioventù forgiata e dalla mia mente inquieta
un angelo strappato dalla sua nube argentea
inchiodato alla Terra. M’addormentavo
sulle sue pagine, in preda al suo incanto mussolino
di languidi studiosi, giovani come satiri di marmo,
codici d’amore precristiani. “Tempo lento”,
come scrisse Keats. Volevo anch’io len-
tezza, fresco da New York City
col suo torace martellante. Roma sauriana
non era cambiata molto, per come la vedevo,
dai tempi aurei degli amanti ardenti
di Kavafis, quando era poco più di
un impero evanescente, dal corpo languoroso
che si stendeva sopra il Mediterraneo
come una cortigiana stanca, voluttuosa, traboccante
dei segni e prodigi d’un nuova fede strana.
*
Luce rosa del tardo pomeriggio, l’aranceto
a coronare l’Aventino, i cancelli di ferro,
un rombo di motorini a turbare
l’aria irrespirabile, e il tempo
come un orologio rotto fermatosi
per sempre nel lento volgersi
di pagine screziate dal sole.
Promise
When this is all over
I promise we’ll see
flowers again, birds
in the trees, I promise
the world will still be
all it was on the day
we left it.
Promessa
Quando tutto ciò sarà finito
prometto che torneremo
a vedere fiori, uccelli
negli alberi, prometto
che il mondo sarà ancora
tutto ciò che era il giorno
in cui lo lasciammo.
Crabs
Mallets in hand, we’d crack
their claws, snap off their legs
like twigs, suck seasoned flesh
through clenched teeth, the sweet
carnage of their broken bodies
littering table and floor
thin plastic aprons
fastened at our necks.
The females wore aprons, too.
You’d peel them back, and with a knife
scrape out the bitter mustard
then savor her meat, her eyes
two dead rubies adorning her
shell, refusing to look away.
Granchi
Mazzuoli alla mano, ne spezzavamo
le chele, ne staccavamo le zampe
come rametti, succhiavamo la polpa
speziata a denti stretti, il dolce
carnaio dei loro corpi franti
cospargeva tavolo e impiantito
grembiuli di plastica sottili
fissati ai nostri colli.
Le femmine pure avevano grembi.
Le sgusciavi, e con un coltello
raschiavi la mostarda amara
poi ne assaporavi la carne, gli occhi
due rubini spenti che ne adornavano
il guscio, rifiutando stornare lo sguardo.
Starman
Divorced, my father bought a telescope.
He wanted me to learn about the loneliness
he carried in his gut like a time bomb,
a suburban loneliness, an unquenchable solitude
born of an inability to feel
at home at home or anywhere else.
His home was in the stars - was that what he
wanted to teach me? In my eyes
he was alien: swarthy, European,
a patchwork of incompatibilities
passed on to me through oblique mutations
I’ve yet to grasp.
We’d point it at the moon
from our small balcony on Greenside Drive
marveling at its pockmarked surfaces
scanning for life among its lonely faces.
Uomo delle stelle
Da divorziato, mio padre comprò un telescopio.
Voleva che imparassi la solitudine che
si portava dentro, una bomba a tempo,
una solitudine suburbana e implacabile
derivante da inettitudine a sentirsi
a casa: a casa, o in ogni altro luogo.
La sua casa era tra le stelle ‒ era questo che
voleva insegnarmi? Ai miei occhi
era un alieno: bruno, europeo,
un miscuglio di incompatibilità
trasmesso a me per mutazioni oblique
che devo ancora capire.
Lo puntavamo alla luna
dal nostro piccolo balcone su Greenside Drive
stupendoci per le sue superfici butterate
scrutando in cerca di vita tra i suoi volti solitari.
Marc Alan Di Martino is a Pushcart-nominated poet, translator and author of the collection Unburial (Kelsay, 2019). His work appears in Baltimore Review, Rattle, Rust + Moth, Tinderbox, Valparaiso Poetry Review and many other journals and anthologies. His second collection, Still Life with City, is forthcoming from Pski's Porch. He lives in Italy.
Marc Alan Di Martino è un poeta nominato per il Pushcart, un traduttore , ed è autore della raccolta Unburial (Kelsay, 2019). Le sue opere sono apparse su Baltimore Review, Rattle, Rust + Moth, Tinderbox, Valparaiso Poetry Review, e molte altre riviste e antologie. La sua seconda collezione, Still Life with City, è in uscita da Pski's Porch. Marc vive in Italia.
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