#cosaleggeleditrice - Getsemani di Luca Pizzolitto
“Getsemani”, ultima raccolta di Luca Pizzolitto per peQuod è uno di quei libri da leggere con la pace del mondo circostante.
Più rarefatto rispetto alla scrittura di Pizzolitto, che conosco e che frequento, questo testo risulta più tagliente e incisivo. Passando da una forma quasi monolitica tipica degli scritti precedenti a una forma più ariosa, tanto che per alcune poesie ho provato, riuscendo, una lettura al contrario dell’ordine dei versi. In più di un componimento c’è una composizione “a scala” che bene rende l’idea di un orizzontale che diventa verticale, non per trascendenza diretta quanto per una volontà di movimento. Chiaro il richiamo evangelico, ovvio. Di questo passaggio e di altri ne scrive benissimo Roberto Deidier nella prefazione, che vi invito a leggere con molta attenzione e a gustarvi per la penna precisa quanto piacevole.
Non è per me però l’unica lettura anzi, forse, all’interno c’è tutto il mondo dello scrivente. Ci sono le tante letture, anzi, meglio, l’interpretazione delle parole e lo scrutare gli autori letti da Pizzolitto. Con tutte le affinità che inconsciamente o meno l’autore cerca.
“Getsemani” è un libro di ricerca. In tutti i sensi. Tanto da riportare alcune sensazioni, fortemente carnali come parole cardine che si ripetono in tutta l’opera come se fossero nodi di una trama non consunta ma sottile e fragile. L’autore sente di avere sete ed è una immagine molto forte. La fame si placa, la sete mai. Neanche quando si beve. È una necessità. E la ricerca di un nucleo di senso della vita stessa è la sete di Pizzolitto, il suo rovello.
E acqua è anche quella del pianto, delle lacrime e di tutto ciò che sgorga da un corpo con cui si fa esperienza del mondo, della propria fallibilità, ma anche del limite e della possibilità del suo superamento quasi a dire che noi siamo dentro e fuori di noi nella proporzione in cui ci si lascia trasportare, non subendo, ma assecondando il movimento dell’anima.
Anima che pur sballottata dalla quotidianità e dalle brutture cerca la luce, il punto di massimo abbaglio e calore, quella luce non solo salvifica, ma soprattutto motore della Vista.
Il Getsemani è solo un punto dal quale vedere quella ricerca, il momento di stasi che serba in sé tutto il potenziale, tutto può accadere o può continuare a star fermo.
Eppure si sceglie di vedere e di cercare.
Di voler essere ciò che profondamente si è.
Comments