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Valentina Milandri, Graziosa e il basilisco

Vieni a letto, principessa. Stasera voglio raccontarti una storia lunga, che non conosci. Si chiama Graziosa e il basilisco. Non sai chi è il basilisco, vero? Oggi non se ne parla più. Ma tu ascolta…

... C’era una volta, in un regno lontano, la figlia di una povera sarta che aveva imparato il lavoro dalla madre, quando ancora era bambina. A lei piaceva molto quel lavoro, ed era così brava che in poco tempo diventò la sarta di tutta la corte reale. Il principe era estasiato dai suoi vestiti, e un giorno volle conoscerla. Appena la vide se ne innamorò. Anche la ragazza finì per innamorarsi di lui, e i due si sposarono. La sarta, diventata regina, fu costretta a smettere di fare vestiti. Adesso doveva regnare, e, soprattutto, doveva dare un erede al re. Ma il tempo passava e il figlio non arrivava. Accadde invece che la regina si ammalò: diventò triste, parlava e mangiava poco, e stava quasi sempre stesa a letto. Nessuno capiva che cosa avesse. Tutti le dicevano che lei era la regina e doveva essere felice. Il re, che le voleva bene, tentava in mille modi di farla ridere, e pur di starle accanto rimandò la partenza per un importante viaggio. Ma non servì a niente. Un giorno il consigliere di corte parlò al re di un dottore molto bravo, che viveva in un altro regno. Subito il re lo fece venire al castello. Il dottore visitò la regina e le diede delle medicine. Il giorno dopo la regina era guarita. Si alzò dal letto e cominciò a parlare e a mangiare come un tempo. Il re allora decise di partire per il suo viaggio. Il dottore, prima di lasciare il castello, disse alla regina:

- Maestà, per rimanere in salute dovete fare due cose e non ne dovete fare una: dovete continuare a prendere le medicine e dovete ricominciare a fare vestiti, ma non dovete avere figli. Se non rispetterete queste regole di sicuro una disgrazia si abbatterà su di voi, sulla vostra famiglia e su tutto il regno. Lì per lì la regina si spaventò molto, ma, una volta che il dottore se ne fu andato, si disse che di ricominciare a fare vestiti non aveva il coraggio, e che, riguardo ai figli, voleva far contento il re. E infatti non passò molto tempo dalla sua partenza che la regina si accorse di aspettare un bambino, e, purtroppo, si ammalò di nuovo. Di nuovo diventò triste, parlava e mangiava poco, e stava quasi sempre stesa a letto. La pancia intanto le cresceva ogni giorno di più. Una mattina la sua cameriera andò come al solito a svegliarla. Dopo aver aperto le tende le si avvicinò, e, per un istante, vide fuoriuscire dalle labbra della regina la lingua biforcuta di un serpente, rossa come una ciliegia matura. La cameriera, spaventata, uscì subito dalla stanza, ma non disse a nessuno ciò che aveva visto, perché aveva paura di essere presa per matta. Passò altro tempo. La regina non si alzava più dal letto, e, a parte la cameriera, non vedeva più nessuno. Intanto in quel regno erano iniziate ad accadere strane cose, cose brutte. I campi non producevano più grano, né altri tipi di raccolti; gli alberi non facevano più frutti; gli animali non facevano più cuccioli, e un giorno, nonostante fosse estate, aveva cominciato a soffiare il vento del nord. Un’altra mattina la cameriera udì un sibilo provenire dalla stanza della regina. La poveretta si raggelò dalla paura, ma il suono cessò subito e lei, pensando di esserselo immaginata, entrò nella stanza. Dopo aver aperto le tende si avvicinò alla regina, e vide, con orrore, che il collo le si era ricoperto di squame nere come la notte. In tutta fretta la cameriera uscì dalla stanza e andò a riferire ciò che aveva visto al consigliere di corte, che volle vedere di persona la regina, e che, come la cameriera, fu preso dall’orrore. Immediatamente chiuse a chiave la stanza e inviò un’ambasceria per informare il re e richiamarlo a casa. Il re non credette a ciò che gli dissero gli ambasciatori. Ma, quando entrò nel suo regno, vide la gente affamata, gli alberi rinsecchiti, i campi inariditi, e sentì lo sferzante vento del nord. Arrivato al castello si precipitò nella stanza della sua sposa. Ne usciva una puzza disgustosa. Si tappò il naso, entrò, e vide, stesa sul letto, la regina o, meglio, quello che rimaneva di lei. Dalla vita in sù infatti si era trasformata nel basilisco: un enorme serpente nero che aveva sul capo la corona della regina, e che stava partorendo in quel momento una bambina. Quando la neonata fu completamente uscita, il serpente le si avventò contro con le fauci spalancate per ingoiarla viva. Ma il re fu più veloce del mostro. Afferrò la bambina e fuggì. Il basilisco si calò giù dalla finestra, e andò a vivere nel fondo della grotta che si trovava in cima alla montagna più alta del regno. Di quel luogo fece il suo castello. Il re diede alla piccola principessa il nome di Graziosa, per i lineamenti del viso delicati e la corporatura minuta. Avrebbe voluto tenerla con sé, ma aveva paura che il basilisco tentasse di nuovo di mangiarla. Inoltre non voleva che la bambina sapesse ciò che era accaduto a sua madre. Così, a malincuore, la affidò ad una coppia di vecchi e buoni contadini che aveva conosciuto durante il ritorno dal suo viaggio. L’affidò, non l’abbandonò. Ogni tanto infatti, di nascosto, andava a far visita ai due contadini per sapere come stava la figlioletta e per dar loro del denaro. Così Graziosa poté andare a scuola. Non le mancava niente. Cresceva fra le premure dei genitori adottivi e diventò buona, intelligente, gentile e generosa. Studiava con impegno, aiutava i due contadini nei lavori di casa e dei campi e chiunque avesse bisogno di soccorso. La sua vita trascorreva serena. Ma quando Graziosa compì nove anni qualcosa cambiò. Se incontrava uno straniero o se saliva sulla cima di un colle da cui si vedevano le terre più lontane, le veniva l’idea che la sua vera casa non fosse quella in cui viveva. Non sapeva spiegarsi questo strano pensiero. Finché un giorno, in cui la scuola era finita prima del solito, Graziosa vide davanti alla porta di casa un uomo con il mantello e il cappuccio in testa che scendeva da cavallo. A un dito gli luccicava la pietra preziosa di un anello. I vecchi contadini s’inchinarono davanti a lui. Subito Graziosa si nascose dietro un albero, e quando i tre furono entrati in casa si acquattò sotto la finestra ad ascoltare.

- Cresce bene mia figlia? sentì dire allo sconosciuto.

- Come un fiore, gli rispose il vecchio.

Dopo aver sospirato lo sconosciuto disse:

- Purtroppo le cose nel mio regno non sono cambiate. Chissà se mia figlia potrà mai ritornare a casa come vorrei. Sto perdendo la speranza che possa accadere.

Poi Graziosa sentì un tintinnio sul tavolo.

- Intanto tenete questi.

- Non perdete la speranza, Maestà. Vedrete che si sistemerà tutto, disse la vecchia.

E dopo poco il re ripartì. La bambina, intanto, era andata a nascondersi nel pollaio. Fece finta di rientrare da scuola, e come ogni giorno aiutò i due contadini, cenò con loro e andò a letto. Ma non si svestì né si addormentò. Quando sentì che, nella loro camera, i due stavano russando, si alzò, scrisse un biglietto di scuse e saluti per loro, e partì alla ricerca del suo regno. Le dispiaceva molto abbandonare i due vecchi, ma ora sapeva qual era la sua vera casa. E i due contadini sapevano che Graziosa sarebbe fuggita, perché erano due maghi potenti, ma non glielo impedirono perché quella era la sua strada. Graziosa camminò e camminò, finché arrivò l’inverno. In mezzo ad una spoglia pianura innevata vide un albero dalle fronde verdi punteggiate di rosso. Si avvicinò stupita e scoprì che era un ciliegio carico di frutti maturi. Graziosa era molto affamata, e per giunta le ciliegie erano il suo frutto preferito. Così allungò una mano per raccoglierle. Ma si fermò pensando: “Potrebbero essere avvelenate. E’ meglio che le lasci stare”. Ritirò la mano e fece per andarsene. Dall’albero sentì una voce dolcissima di donna:

- Coraggio, non avere paura.

La bambina si voltò: attorno al tronco del ciliegio era attorcigliata una serpe ripugnante. Graziosa stava per fuggire, quando si sentì dire:

- Prendine quante ne vuoi di frutti. Saziati. Ma uno conservalo fino all’arrivo nel tuo regno. Lì ti sarà utile.

Nonostante l’aspetto, Graziosa giudicò la serpe buona e si fidò. Cominciò a mangiare le ciliegie, fino a farne una bella scorpacciata, ma la cosa meravigliosa era che ricrescevano subito. Una ciliegia se la mise in tasca, poi ringraziò la serpe e riprese il cammino. Quando era ormai lontana, la serpe si trasformò nella vecchia contadina che l’aveva allevata. Graziosa camminò e camminò, finché arrivò in riva al mare. Si guardò attorno e vide che non c’era neanche una barchetta per attraversarlo. Allora entrò in un villaggio lì vicino, e cominciò a chiedere alle persone che incontrava dove ne potesse trovare una. Tutti erano tristi e nessuno le rispondeva. Solo un bambinetto le disse che non c’erano più barche, perché in quel mare non ci si poteva bagnare: l’acqua era avvelenata. Graziosa ritornò sulla riva, si sedette e cominciò a piangere nascondendo il volto fra le mani. Si diceva a voce alta: “Il mio viaggio finisce qui. Non vedrò mai il mio regno”. Aveva appena finito di dire questo che, dal mare, sentì la voce dolcissima di un uomo:

- Coraggio, non avere paura.

La bambina alzò la testa e vide che in acqua c’era un grosso e orrendo pesce dalle scaglie nere come la notte. Graziosa stava per fuggire, quando sentì dire:

- Vieni, salta sul mio dorso. Ti porterò in un battibaleno all’altra riva.

Nonostante l’aspetto, Graziosa giudicò il pesce buono e si fidò. Salì sul suo dorso e fu traghettata dall’altra parte. Prima di lasciarla il pesce le disse:

– Prendi una delle mie scaglie e conservala fino all’arrivo nel tuo regno. Lì ti sarà utile.

Graziosa si mise la scaglia nella tasca insieme alla ciliegia, poi ringraziò il pesce e riprese il cammino. Quando era ormai lontana, il pesce si trasformò nel vecchio contadino che l’aveva allevata. Graziosa camminò e camminò, finché giunse ad uno stagno. L’acqua marrone mandava una puzza insopportabile. Ma poi vide, con meraviglia, che ne sgorgava un ruscello d’acqua limpida. Ancor più incredibilmente, ad esso si stavano abbeverando, fianco a fianco, un lupo e un agnellino. A Graziosa, vedendo la fiera, venne una gran paura e si voltò per fuggire, quando sentì due voci dolcissime, una di uomo e l’altra di donna:

- Coraggio, non avere paura.

La bambina si voltò e vide che i due animali la stavano guardando. Non credeva che fossero stati loro a parlare, ma poi li sentì dire:

- Vieni a bere. E’ un’acqua deliziosa.

Nonostante l’aspetto, Graziosa giudicò il lupo buono, e si fidò. Iniziò a bere, e quell'acqua le sembrò la più buona che avesse mai bevuto. I due animali le mostrarono un otre e le dissero:

- Riempilo con quest’acqua, e conservala fino all’arrivo nel tuo regno. Lì ti sarà utile.

La bambina fece ciò che le avevano detto i due animali, poi li ringraziò e riprese il cammino. Quando era ormai lontana, il lupo e l’agnello si trasformarono nei due vecchi contadini. Graziosa camminò e camminò ancora, finché arrivò in un regno dove, nonostante fosse estate, soffiava il vento del nord, gli alberi erano rinsecchiti, e i campi inariditi. Le case erano tutte in rovina. La bambina bussò a parecchie porte, ma nessuno le aprì. Salì allora al castello, anche quello in rovina, bussò al portone e chiamò, ma inutilmente. Per la stanchezza si sedette ai piedi del portone e si addormentò. Iniziò a sognare, e nel sogno domandava:

- E’ questo il mio regno?

E due voci dolcissime, una di uomo l’altra di donna, le rispondevano:

- Sì, sei arrivata alla fine del cammino. Quando ti sveglierai segui i due gatti che vedrai davanti a te. Ti condurranno alla montagna dove c’è tua madre, la regina. Dovrai salire in cima alla montagna. Lì troverai una grotta. In fondo alla grotta troverai tua madre, anche se dall’aspetto non ti sembrerà tale. Graziosa si svegliò e vide, davanti a sé, una coppia di brutti gatti randagi. Non ce n’erano altri lì attorno. I gatti s’incamminarono, e lei, questa volta, si fidò subito e li seguì. Quelli la portarono ai piedi dell’alta montagna in cui viveva il basilisco, e poi sparirono. Graziosa s’arrampicò sù per la montagna, e in cima trovò la grotta. Vi entrò e, quando tutto diventò buio, vide che qualcosa riluceva nella sua tasca. Era la scaglia nera che le aveva dato il grosso pesce. La prese in mano come fosse stata una torcia e riprese il cammino. A un tratto sentì una puzza tremenda, come quella dello stagno in cui aveva incontrato il lupo e l’agnello, e poco dopo le si parò davanti il mostro, per metà basilisco e per metà regina. Graziosa all’inizio si spaventò, ma poi ripensò agli orrendi animali che aveva incontrato durante il suo viaggio. Lo erano solo nell’aspetto. E in sogno le era stato detto che lì avrebbe trovato sua madre, anche se non le sarebbe sembrata tale. Il basilisco, intanto, con l’enorme bocca aveva cominciato a soffiare sulla scaglia nera per spegnerne la luce, ma quella, ad ogni soffio, diventava più luminosa, mentre il soffio del basilisco diminuiva, fino a cessare del tutto. Allora il serpente spalancò le fauci e si avventò su Graziosa. Lei, pensando che avesse fame, prese dalla tasca la ciliegia matura e gliela mise in bocca. Il basilisco la inghiottì e cominciò a rimpicciolirsi. Infine, con una voce di donna, disse:

- Muoio di sete.

Graziosa, dall’otre, si versò su un palmo della mano un po’ d’acqua e gliela diede. Il serpente bevve e subito iniziò a perdere la pelle, mostrando per intero le fattezze della regina, che chiese a Graziosa:

- Chi sei?

Facendo un profondo inchino la bambina rispose:

– Sono vostra figlia, Maestà.

La regina allora l’abbracciò e la baciò. Poi insieme s’incamminarono verso il castello. Dove passavano la terra germogliava, gli alberi rifiorivano, gli animali si moltiplicavano, le case si ricostruivano, e la gente correva fuori esultando. Anche il re esultò quando vide ritornare la sua sposa. E fu ancora più felice quando seppe chi era la bambina che l’accompagnava, e ciò che aveva fatto. Per diversi giorni in quel regno si fece festa. Ci andarono anche i due vecchi contadini, che, prima di ripartire, trasformarono la piccola Graziosa in una donna bellissima, a cui diedero il nome di Grazia. E poco tempo dopo la principessa s’innamorò di un principe di un regno vicino, che la contraccambiava pienamente, e presto furono celebrate le nozze. I due vissero per sempre felici e contenti... Ah! ho dimenticato di dirti che la regina ricominciò a fare la sarta. E vedessi che bei vestiti faceva!


Nota bio

Valentina Milandri è nata nel 1972 a Forlì, dove attualmente risiede. Laureata in Scienze politiche e Scienze della formazione triennale, è ora iscritta alla facoltà di Lettere moderne dell’Università di Bologna. Diplomata all’Istituto di scienze religiose, ha insegnato religione nelle scuole dell’infanzia e primarie, oltre ad aver svolto numerosi altri lavori. Ha esordito con la raccolta poetica Perfino le parole (puntoacapo Editrice 2019), a cui è seguiita la raccolta di prose Rosa canina (puntoacapo). Questa è la sua seconda pubblicazione.






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