Claudio Borghi - Poesia e scienza: origine, tempo e sguardo
- almanacco
- 4 feb
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Aggiornamento: 5 feb

Poesia e scienza: origine, tempo e sguardo1
1.
La scienza potenzia lo sguardo analitico nello spazio e nella materia: si e ci illude di potenziarlo anche nel tempo, come se vedere più lontano e più dentro significasse andare più vicino all’origine.
2.
Tempo ed eternità – Chronos e Aiòn – coincidono se si concepisce il tempo come generazione attuale e trasformazione dell’energia. L’origine è adesso, non un misterico punto a densità infinita da cui lo spaziotempo si sarebbe dilatato espandendosi, per fiorire, infine, nel molteplice galattico e stellare, minerale, vegetale e creaturale. Il presente dura formandosi da nuclei elementari di informazione. Lo sguardo della poesia coglie l’armonia che si intona e si dissipa per risorgere intatta. Nessuna teoria evolutiva della materia e dell’energia può spiegare il miracolo del molteplice. La scienza imita le forme viventi senza poterle far nascere, emula l’intelligenza senza poterla accendere da dentro.
3.
Il pensiero poetante nasce dallo iato, logicamente incolmabile, tra le particelle e i campi e le forme in cui il reale mostra sé – esprime la vicissitudine della conoscenza. La mente e la coscienza non sono derivabili da alcuna teoria dei campi. Ogni sguardo è uno stato quantistico puro, in cui il reale nasce dal sé.
4.
Poesia e pensiero hanno trovato singolare espressione in autori di cui si sottovaluta la potenza speculativa. L’esempio di Rimbaud è illuminante: la sua forza espressiva pare inesauribile in quanto non si riduce alla suggestione straniante di versi o prose la cui origine sfugge al tentativo di razionalizzarla. Piuttosto, sta nella lucidità cartesiana con cui l’intelligenza rigenera le forme dal diluvio della loro dissoluzione: pensando la realtà, il poeta la plasma. È nella generazione attuale la dinamica profonda del tempo, nella possibilità di assecondarne il movimento unico, a cui solo lo sguardo della poesia può accedere.
5.
Il concetto di monade in Leibniz è stato da molti inteso come un delirio logico. Lo sguardo di Leibniz in effetti si stacca dalla visione analitica per cogliere la realtà straniante di sostanze discrete che riflettono in sé il divenire del Tutto. Evidente l’affinità col delirio poetico, che vorrebbe, allo stesso tempo, essere un lucido indagare:
struttura dissipativa che, in quanto tale, nel suo divenire crea forme singolari. L’universo è plurale –senza necessità di alcun multiverso.
6.
La poesia è un prestito di energia dal vuoto che al vuoto restituiamo. La mente è il luogo in cui il reale si forma internamente.
7.
Con buona probabilità la resa di Rimbaud può essere spiegata con l’incapacità di trovare un linguaggio poetico oggettivo in senso letteralmente scientifico, di lasciare a terra il retaggio greve (immaginifico-formale) che ancora lo angustiava, e che lui stesso aveva criticato in de Musset e Baudelaire: “Baudelaire è il primo veggente, il re dei poeti, un vero Dio. Tuttavia egli è vissuto in un ambiente troppo artistico; e la forma tanto vantata in lui è meschina: le invenzioni d’ignoto richiedono forme nuove.”2 Approdare a una fusione dei linguaggi in uno, impuro in quanto privo di seduzioni, tuttavia capace di restituire la chiarezza del pensiero nella sua volontà e urgenza di carpire la materia, l’energia e le forme, di cui mente e corpo sono essi stessi parti: questo credo debba essere ancora l’intento di una poesia che sappia fare il passo oltre le “forme meschine”, che il poeta veggente riscontrava nella scrittura anche di autori che stimava.
8.
Poesia e scienza: creazione o semplice sguardo? Nell’atto creativo, poetico o scientifico, la tensione dei sensi e della mente si risolve in un prestito di energia, in cui la coscienza è un filtro. Il soggetto lascia scaturire la forma e diventa oggetto:
“dò un colpo d’archetto: la sinfonia si agita nelle profondità, oppure salta con un balzo sulla scena.” Non ci è concesso barare o fingere, tessendo poemi o equazioni: l’ignoto si inventa mentre si fa. Non siamo creatori di leggi o opere dal nulla, piuttosto strumenti, suscitatori di immagini e attività profonde, interpreti, traduttori da un linguaggio all’altro, in cui il “lungo e immenso sregolamento dei sensi” deve essere “ragionato”, capace di ordine, di intercettare le idee sparse dall’anima universale e raccoglierne i frutti: versi, prose, formule: cose che passano.
Note
1 Relazione presentata al Reading Poesia e scienza, Casa della Poesia di Milano, 26 gennaio 2024.
2 Arthur Rimbaud, Oeuvres-Opere, trad. Ivos Margoni, Feltrinelli, Milano 1964
Claudio Borghi (Mantova 1960) è laureato in fisica, ha insegnato matematica e fisica in un liceo mantovano. Ha pubblicato articoli scientifici su riviste specializzate nazionali e internazionali, in particolare sul concetto di tempo e la misura delle durate secondo la teoria della relatività di Einstein.
Presso l’editore Mimesis sono usciti, nel 2018, i saggi Dagli orologi al tempo e Il tempo generato dagli orologi, nel 2020 L’ipotesi generativa; presso Neri Pozza, nel 2023, Presente e divenire. Ha pubblicato le raccolte di versi e prose Dentro la sfera (Effigie, 2014), La trama vivente (Effigie, 2016), L’anima sinfonica (Negretto, 2017), Dialogo della coscienza e della polvere (Ensemble, 2021) e Fiato metafisico. Poesie e prose 1998-2017, Prefazione di Zena Roncada, Postfazione di Claudio Fraccari (puntoacapo 2023).
Nel 2018, presso l’editore newyorkese Chelsea Editions, è uscita l’antologia bilingue di versi e prose The still flight. Nel 2020, Negretto editore ha pubblicato i frammenti filosofici e teologici Aforismi di luce.
Fiato metafisico raccoglie la versione integrale delle sillogi Dentro la sfera, La trama vivente e Dialogo della coscienza e della polvere, con diverse e significative varianti testuali.
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