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Tiziano Broggiato, Antologia poetica

Tiziano Broggiato

Da Vista dall’alto

(Poesie scelte 1983 – 2016)

da Piani alti ( 1983 )

*

Mai rivolta al vento d’inverno, ai lapilli

e alle paure di presenze appena accennate

o intraviste, osserva ora come la tela

dei canali più fitta e fonda si intrica

nei tuoi picchi senza bussola, fronte.

E senti il vago gelo, le dissonanze

che transitano nelle aule seppellendo

il fuoco vitreo dell’ascesa quando percepisci

la fuga dell’attimo, che non è presente,

tra passato e futuro.

Perché ti ostini allora a delirare per traballanti

fessure aperte dal tuo stesso male, mentre voci

compagne ti prospettano l’ampiezza del trono

se tu per prima ti rivolti al più innocente

inganno?

Memoria di Ulisse

Il malessere dei cani

strappati

alla palpebra dai passi

fuori

la sfida che colse impreparati

i filati

celati nell’intrico di mense

i latrati

al magro ronzare

sulla soglia

il naufrago ingannatore

indagatore...

Sorrisi, ovazioni

fittizie

Le attese dei cani...

*

Il desiderio di apparire

più che restare

davanti al campanello la frase

già udita immaginata gridare

da dentro il silenzio

o l’ora

pomeridiana smentisce.

Purché, inatteso

privo di preliminari quindi

buffo con la stecca di Muratti

in mano il dono

( l’indizio )

coltivato prevalere

non sia.

da Il copiatore di foglie ( 1998 )

Mater ultima

Con tutto quel vento

fuori

con tutto quel centellinare

furti e avvenimenti

di breve galassia rossomaggiore

fammi almeno stendere

alla fine

su un gran fuoco d’ossa

in un abominevole braciere di ciclope

affinché possa accomiatarmi poi

disperso in mille arie o

in un guizzo di corrente

sopra quanta più terra possibile

mio Dio.

I cieli di Milano

I

E’ stato oltre il finestrino

al di là dell’algida linea dei campi

che a ognuno è stato assegnato

un gesso e un pezzo di corda

affinchè potesse distinguere

col segno prescelto

il portone più alto di Atlantide.

II

Prima era il buio

in cui ci si raccoglie

a ingigantire i colpi

ad averne paura.

Poi

l’ago rilasciato

dal bianco delle pietre

dal blu delle cupole

entrato subito nel ventre

a diffondere il suo richiamo

come caldo male deflagrato

come cielo chiuso

sotto la mia mano.

III

“ Asia “ diceva il cartello

ed era la stessa invisibile presenza

lo stesso nome rimasto in gola

di quando

mai vista

ne avevo avvertito ugualmente

le prime mura rosse e il respiro

immobile dei suoi testimoni

in quel tragitto oblliquo in cui

anche il rovescio di una parola

( Parla al fiume. Raccontagli di te. )

nutriva i miei immancabili

presagi domenicali.

IV

Piccolo padre. Solafonte.

Parabole che da sole hanno consentito

Il mutarsi di un battito

nella prima vertigine dietro

le sbarre.

Allora, racchiuso nell’unico pasto

nel necessario scatto della mandibola

ho mancato anch’io di un niente

quel labbro capace

le poche suyanae rimaste per sempre:

Marco in via Settala

Roberto in via Boccaccio

Milo in viale Majno

Talvolta

Pino alla Nazionale.

V

C’è ancora una diga

un esame di sputi

che la memoria stenta a riordinare

in mappe e date di un evento privato..

Ma

se il deserto di un movimento

è già passato non appena l’hai visto

la mia voce rimane fedele

alla percezione di Paul Klee nel suo

diario terzo.:

qui inizia Francoforte

e l’odore di Parigi

lo stesso intrico di sirene e roghi

che sfonda le vesciche di Bruxelles.

Netti fili di rasoio

adesso

e una radio malese che diffonde lamenti

di piccole dita.

Eppure, sotto questa terra troppo profonda

non ho mai contato tanti alberi del sale.

Eppure, ho visto qui più cieli in dieci giorni

che non negli altri quattordicimilaseicento altrove.

Casa latina

In realtà questa luce d’ottobre

non è mai esistita; nessuno

ha bussato al nostro vetro per

invitarci al rito dell’acqua.

- Qualcosa potrà scaturire – promette.

Per sei ore trascorse a Milano

a forzare la giovane luna

nel suo angolo in ombra intenta

a divorarne i freschi contorni

i passi del ritorno.

Nello sforzo recide i percorsi

si lascia raggiungere dal mio liquido.

- Attraversiamo la statua riusciremo

a toccarci – propone con un filo

di voce dietro la sirena del venti.

Al di là della tenda il paesaggio

scorre sicuro su una direttiva

prestabilita.

Come un dito alzato e come dire

- E’ tutto. E ognuno –

Eppure ostinata lei non scorge

Il passaggio il riverbero sulla

parete dell’unica luce.

Nelle fratture di questa terra mobile

non distingue ancora mentre avviene

il connubio delle chiavi

la reale provenienza del suono.

*

Mi dicesti che l’avrei capita

nell’età della saggezza

la certa frase.

Ma ora

davanti alla tua lapide

ti posso dire che nemmeno dopo

tanti compleanni

sono diventato un po’ più saggio.

Che non ci credo ancora

che la speranza è solo

l’anestesia della mente.

da Parca lux ( 2001 )

*

È lo stesso tempo in bilico

di allarmi e preghiere

che privò altri padri

della necessaria purificazione

quello che adesso ci coglie

con la supplica negli occhi

affinché anche in queste albe

sempre più tardive

la dissolvenza della profezia

non sia così imminente.

Allora le pattinatrici jugoslave

scendevano la Drina gelata

per immolarsi

nel nome breve dei vivi

sulle grate di un fiume

dai fianchi per sempre straziati.

Ora

l’estrema contesa dei loro figli

su chi per primo li designò

persecutori o martiri

nella medesima rosa

è solo un mormorio soffocato

oltre una porta ben chiusa.

«Nessuno vedrà per due volte

la luce dell’angelo».

«Nessun superstite rimarrà

dopo il ritiro delle acque».

Centro di salute mentale

Li vedo dalla mia finestra

nel giardinetto sottostante

seduti in cerchio come

in un consiglio di capi indiani

dove nessuno parla oppure

sono le volute di fumo

dei loro calumet

a comunicare

lo stato di ognuno.

Qui

al sicuro del fortino

dietro le attente guardie di confine

non smette un giorno di pulsarmi

nelle tempie il doloroso allarme

del colpo ricevuto di striscio.

Breve diario dalla terra riemersa

Un vento di troppe foglie

infiltra all’interno dell’auto

un odore acuto di cenere e neve.

È strana Brooklyn alle sei del mattino

con questo intenso mulinare

di manine tronche che permette

di intuire appena i suoi bastioni

la grossa gobba di animale

acquattato nel semibuio e aizzato

dai lucori dei precoci risvegli.

Dall’ultimo viale di alberi neri

ormai al sicuro verso Long Island

non avverto più i suoi gorgoglii

l’aspro alito delle sue viscere

e gli sterminati vapori

che ne preludono il necessario

inabissamento.

Qui

dove i bassi palmeti

sono flessi dal rinforzo del vento

e il fragore delle onde ritma

il respiro mi rinviene chiaro

il monito dell’Arcangelo sull’estrema

cresta di Atlantide: «Questa terra

che nasconde ciò che si prese

nel castigo del buio perenne

riemergerà un’unica volta

*

L’uccello marino

che sul tetto della cappella

sfida impavido l’arrivo della tempesta

per poi fuggire goffamente

al solo suono di una voce

è l’esatto mio opposto

penso

che giro col sorriso

e un’ascia pronta

dietro le spalle.

da Anticipo della notte ( 2006 )

*

Succede

a volte

che dopo aver bussato inutilmente

a tante porte

all’improvviso una

la più ambita

si apra a una tua sola lieve pressione.

Allora ti prende come un’euforia di onnipotenza

che tutto stempera e dissolve

nella sua scia propizia.

E se infine esci e guardi il cielo

scopri anch’esso sterminato e bello

come mai prima di stanotte.

Verso cima Dodici

Un avamposto di pietre immote

un paese sospeso

diresti

se non fosse per un camino che sparge

il suo fumo acre fino a terra.

E poi La lancia conficcata

a un lato della stradina:

la bambina accucciata che gioca

con l’acqua di una pozzanghera.

Sporca e bellissima

lei si ferma

e mi fissa

facendomi sentire di colpo

come un empio sorpreso a violare

con il suo arroganre stupore

lo stigma germinante

dell’innocenza.