Sheila Moscatelli su Amami non amarmi di Alessandro Pertosa
- almanacco
- 23 ott
- Tempo di lettura: 6 min

A. Pertosa, Amami non amarmi, Edizioni Azzardate, AP 2021
Amami non amarmi. Stringimi forte e lasciami andare è la meravigliosa contraddizione insita in ogni amore.
A partire dalla premessa, l’autore ammette che non si può scrivere ordinatamente d’amore e definisce la sua opera come un brogliaccio dove fare confusione, farneticare, mescolando aforismi, note, prosa e poesia ed entra immediatamente nel vivo, senza giri di parole, nel disperato tentativo di dire quello che non si può dire, con la consapevolezza dell’impossibilità di riuscire a farlo e la volontà di tentare comunque. Si consacra alla prova di descrivere l’amore, nella sua essenza che sfugge alle parole, che non si presta a essere concetto, ma rimane sensazione, che solo chi ne ha fatto esperienza può afferrare.
L’amore è un abisso che non si lascia spiegare. Intreccia i corpi in grovigli di piacere in mezzo al fuoco e li consuma nella fiamma. Attrae, mette paura, fa tremare, così come commuove. Ma io non voglio rassegnarmi al suo silenzio. E lo fisso negli occhi, questo stupendo bruto, che sembra un drago. Lo fisso per sentirmi dentro, in ogni interstizio della carne, la profondità del suo mistero. Perché l’amore oltrepassa i generi letterari e si disperde chissà dove. Per tornare poi di nuovo all’improvviso, con la sua forza micidiale, a trascinare l’universo oltre misura, a spingerlo in un gorgo di stupore. E ancora confusione tremenda. E ancora amore: che muove il sole, i cieli e le altre stelle. (p. 5)
Come parlare d’amore quando le parole non sono in grado di esprimerlo? Con la frase folgorante L’amore è una roba da matti Pertosa affonda il dito nel centro della ferita: la follia di chi è preso dal dio dell’amore, di chi è schiantato da Eros.
Se non perdi la ragione davanti a due occhi che ti guardano, non è amore… L’amore è un vapore che sfugge di continuo alla presa. Che ti scappa dalle mani e ti fa dire: oh, ma sul serio questa tipa sta qui per me? Davvero esiste una che quando la guardi persino le stelle schiantano a terra, stremate dalla sua dolcezza? E non puoi credere che fra miliardi di persone, quella fortuna sia capitata proprio a te. Allora cammini a due metri da terra. Ti gemmano le rose dagli occhi e ridi come un matto. Ridi. Perché una così è un miracolo. Che ti incasina la vita. Ma le conferisce colore. Siamo abituati a pensare che la follia riguardi la testa, sede della ragione. Mentre invece è una faccenda di cuore (p. 13),
dove questi matti d’amore sono in balia della sana follia che abdica alla razionalità per lasciar spazio all’inconscio e al sentire profondo; quella follia che indica sempre la giusta via, al di là delle paure e dei calcoli.
Il libro si apre con la descrizione dell’origine dell’umanità da Adamo ed Eva:
Stretti in un abbraccio eterno, si cibarono l’uno dell’altro, fin quando non si accorsero di essere nudi. Nel paradiso terrestre, tra lo sfrascare dei rami e il rigoglio delle piante, sotto l’albero eterno del piacere, l’umanità ha finalmente inizio con un cunnilingus e una fellatio. (p.10)
Riconoscendo, in un auspicabile affrancamento dai condizionamenti della religione e della società, come il sesso, quando fatto bene, sia un sacrificio: che vuol dire, appunto, sacrum facere, fare sacro.
Il testo si chiude con un’esortazione e un avvertimento:
Bisogna farlo l’amore. Bisogna farlo essere, e lasciare che si palesi. Ma allo stesso tempo è necessario sapere che nessun amore potrà mai pacificarci. Quando trovi l’amore non sei alla fine, ma all’inizio di un percorso. Al primo passo di una lunga traversata sul filo. Come un funambolo tenti di restare in equilibro, anche se sai che cadi al primo ostacolo. E muori. E ami ancora. Ti aggrappi come un granchio ai fili del destino. Ma per quanto… non è dato sapere. (p.65)
Nel mezzo offre mille spunti di riflessione su tematiche incandescenti.
Nel racconto straziante e meraviglioso dell’amore tra Søren Kierkegaard e Regine Olsen Pertosa affronta l’idealizzazione estrema del sentimento, che esige la totalità e si esplica in infinite forme, tutte impossibili da vivere sulla terra. E allora tragedia.
Analizzando il triangolo Venere-Efesto-Marte riflette sul tradimento. Cosa significa realmente tradire? Privare qualcuno dell’esclusiva sul nostro essere (sancita per convenzione o da un contratto stipulato) o piuttosto venire meno a sé stessi rinunciando a priori, per un principio astratto, a un desiderio reale?
Nel brano su Pentesilea e Achille descrive l’istinto a mordere l’amato nel culmine della passione. Un morso d’amore che però non ferisce, non divora, non implica violenza né desiderio di possesso e non porta alla distruzione dell’altro. Nel morso d’amore di Pertosa c’è un fare a pezzi in senso metaforico, il desiderio di tenere dentro di sé parti dell’amato, per farne parte costitutiva del nuovo sé, nato dalla trasformazione profonda che si realizza dopo ogni rapporto.
In Ti amo da morire affronta il tema attualissimo della dipendenza affettiva e dell’identificazione con l’altro.
Ai ragazzi che incontro dico sempre che se qualcuno o qualcuna si rivolgesse loro dicendo «tu sei tutto per me», dovrebbero scappare. Perché quando l’altro è tutto per me, se tutta la mia vita è giocata in funzione dell’altro, nel momento in cui questo altro - legittimamente - decide di separarsi da me, il mio tutto viene meno. E a quel punto accade la catastrofe. (p. 40)
Così come attuale e tutt'altro che risolta è la provocazione “se non ci fossero le coltellate e la gelosia, resterebbe soltanto la noncuranza”. Mentre dovremmo giungere alla consapevolezza condivisa che l’alternativa alle coltellate e alla gelosia non è la noncuranza, bensì la possibilità di un rapporto sano, dove la capacità di riconoscere l’altro come altro da sé consente di realizzare la propria identità e di essere liberi di restare come di andarsene; realizzare che l’amore può esserci solo nel movimento, nello stare sospesi in bilico sul filo con il rischio di cadere.
In Se arriva la morte… l’amore è forte? costringe al confronto con il fatto innegabile che la morte quando arriva vince su tutto. Che anche il ricordo, che riecheggia nelle menti dei sopravvissuti è a tempo, in quanto tutti prima o poi moriranno. E con loro moriranno anche i ricordi. Però la poesia è capace di sognare ciò che non può essere sognato e di sperare oltre ogni ragionevole speranza. Come finiscono le relazioni così muoiono i corpi, ma non l’amore. L’amore va oltre.
E infatti l’autore ribadisce:
Dura per sempre l’amore in un secondo. Un vero amore non muore mai, nemmeno quando finisce. È eterno. Per sempre. E anche se non c’è più, genera bellezza. A consumarsi è l’involucro; le manifestazioni quotidiane. L’amore no. Resiste e dura. Nonostante sparisca, in una girandola impazzita di tristezza. (p.64)
In tutto il libro Pertosa apre con grande coraggio interrogativi senza risposta, in quanto vivere l’amore è l’unica vera risposta e non si ritrae di fronte alle contraddizioni insanabili del vivere l’amore.
Come quando scrive:
Naufragium feci, bene navigavi. E ho naufragato perché il compito era impossibile. Ma per l’appunto vale la pena dare la caccia solo all’impossibile. Come l’amore che provo per te. (p. 42)
Oppure sul tempo dell’amore:
Ti ho amata questa sera. E ti ricorderò per sempre fra le mie braccia. La tua pelle incollata alla mia. Le tue labbra sul mio petto. E l’odore intenso dei nostri corpi, fusi nell’abbraccio. Però adesso basta. Vattene via. È davvero troppo un giorno intero, per questo amore. (p. 27)
L’autore tocca inoltre temi controversi esplicitando il conflitto tra il precetto ama il tuo nemico e la violenza dell’antico testamento. Quando afferma L’amore e l’orrore hanno lo stesso sapore evidenzia come duemila anni di bellezza cristiana siano nati dall’orrore della crocifissione e come la meraviglia del messaggio di Cristo sia intrecciato alla violenza perpetrata dalla chiesa come istituzione, sulle donne e sull’umanità tutta, perché un femminile castrato e represso ricade inevitabilmente anche sul maschile.
Si interroga se gli amori veri siano quelli impossibili, che non vengono consumati dalla realtà e dalla quotidianità, quelli che la distanza permette di conservare e idealizzare, che non hanno necessità di confrontarsi con le miserie quotidiane oppure quelli reali, vissuti, che durano una vita, ma che sono destinati a consumarsi e a trasformarsi. E si chiede se uno valga meno dell’altro, lasciando alla fine intendere che l’amore, quando è intenso, vale sempre, come quando scrive:
basta davvero un piccolissimo motivo di speranza per causare la nascita dell’amore. E se dopo due giorni, un mese, un anno, quella stessa speranza dovesse sparire, l’amore tuttavia è nato.
(p. 30)
Quindi non è mai una questione di durata. Un amore può durare una notte, un anno, una vita e valere sempre la pena di essere vissuto.
Amami non amarmi di Alessandro Pertosa è uno scritto complesso, onesto, chiaro e coinvolgente sull’amore, sul desiderio e sulla libertà, che andrebbe letto nelle scuole, per offrire ai ragazzi e alle ragazze un’educazione sentimentale libera e di valore. È un libro che richiede un atto di coraggio e fiducia, in quanto se si sceglie di scrivere o leggere d’amore non si può scherzare:
si condivide il fuoco. E ci si brucia in un gorgo di parole evanescenti, che non si lasciano dire. Amare: voce del verbo tacere. (p. 68)



























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