Punta d’organetto di Massimo Triolo
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Prosa e riflessione

Siamo figli della stessa ombra, simili a piccole cavie soggette a inumana volontà di concepire sperimentante dolore da imporre a carne e anima: così, ad aeternum e Amen!
Potete concepire questo calcolo esatto come un compasso, che è un discorso di sangue e progettante abiura a ogni più debole favella cristica?
Io l’ho concepito in uno spavento d’eternità: riusciranno, sia benedetto il Progresso!, a produrre un’infima forma vitale incubatrice di sofferenza-pura-senza-tempo, non avrà materia e corpo che per pentirsene – qualora potesse avere coscienza e facoltà di appercepirsi, ma non avrà nemmeno ciò, non è necessario –, essa non sentirà dolore: sarà dolore alla quintessenza che appercepisce sé entro una teca inalterabile fuori del tempo. Credete che stia sproloquiando? Allora vi rimando alla demolizione dell’apologo di S. Martino – col suo mantello condiviso, anzi materialmente diviso: vera ripetizione dell’identico non già in termini di funzionalità,
ma di dono oblativo e irripetibile – snocciolata in chiave utilitaristico economicista, con stringente, compassata logica, dal più nodale e odiato dei personaggi che il suo creatore potesse concepire con genio letterario, per negarlo con ogni singola particella del proprio operato esistentivo. È lì l’incunabolo di tutta la modernità e la giusta chiave di lettura per ponderare dove mettano scienza e mercato deprivati di ordito assiologico se non numeral-eterogrado e ostaggio del Bene Comune: entità generalissima e astratta, suasivo eteroclito leviatano meta-hobbesiano!
Siamo, oggi, questa punta d’organetto, questa tavola logaritmica fino 108.000, e due più due cinque non lo diciamo noi a discapito di calcolo per riscattare una stupida volontà purchessia, ma ce lo assevera il sistema e ci crediamo: subornati a negar l’umano, e sulla strada di veder conculcati e profanati i nostri figli ed ogni cantuccio sacro, compreso il più inviolabile secondo diritto, ovvero il corpo ed ogni sovranità su di esso.
Tornava certo nei peggiori incubi di quel profeta russo, questo inganno: nella forma di una scommessa, la più alta, entro il gioco scorsoio e come truccato dalla sinistra del diavolo, in cui l’esecuzione non veniva revocata che quando fosse certa e ineluttabile.
Se il filosofo dice che la scienza ci ha reificato non ascoltatelo, è un retrogrado e qualora esistesse un albo dei filosofi l’avrebbero già radiato!
Bevetevi intanto l’agiografia degli statisti estinti: è solo uno strumentino spuntato, un piccolo assaggio del peggio. Bevetevi la minestrina riscaldata del progresso di sinergica virtù, e non si disdegnino tutti gli accessori e le giuste applicazioni da scaricare di cui è lastricata la via dell’Inferno del Bene Comune per il definitivo canto del cigno d’ogni libertà che abbaglio non sia! Questa è l’epitome di ciò che vi viene consegnato…
Ma io vi rimando a un granellino di Jaspers, fuso all’ Ivan Il’ič di Tolstoj e a un passo di una Lettera Luterana del Pasolini, ma è solo un indizio: considerate che “questo è un uomo”, e così avreste potuto rispondere a Levi! Ma poi come andare a spiegargli lo sterminio serial-scientifico e l’abominio eugenetico.
Insegnate, allora, Amore e Pietas ai vostri figli, vi suggerisco io: lì risiede il vero cuore della Cultura, ciò che è bastevole, almeno, a una Cultura che resiste!
Potete concepire questo calcolo esatto come un compasso, che è un discorso di sangue e progettante inverare ogni essenziale favella cristica?
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