Viviane Ciampi, su L'opera nuda di Mauro Macario
Questo Opera nuda ultimo nato di Mauro Macario è un libro folle, smisurato, principalmente una sorta di elegia amorosa e sue liturgie che andrebbe letto tra volute di fumo (parlo da non fumatrice) e sopra un divano rosso per rendere omaggio a Eros e perché la vita è – suo malgrado – un potente afrodisiaco nonostante il tempo irrefrenabile che ci rende agonizzanti. Sarà per questo che il poeta la percepisce a tratti (mi perdoni il neologismo) agonisiaca? La prefatrice Anna Leone nella sua felice analisi fa notare: “Opera nuda come è la parola quando è vera” mentre Roberta Petacco nella lunga intervista non a caso intitolata Streptease mette il dito sulla “difficoltà di aprire canali di comunicazione vera col mondo ma anche su se stessi”. Infatti si affaccia anche un letto di spine poiché il poeta persegue sempre la sua implacabile osservazione dell’insondabile Luna Park in cui ci muoviamo, ridiamo e piangiamo e ci ridicolizziamo e ci disperiamo. A leggerlo troviamo un concentrato di Jules Renard, Cioran, Houellebecq, Bukowski, Artaud, Sylvia Plath, Lautréamont, Sarah Kane e Gainsbourg. Macario, nella sua intramontabile “in-tranquillità” ci regala con questo libro confessional un’altra perla di lezione di vita intesa con amore e nostalgia in contro-morte e di poesia libera e libertaria “alla sua maniera” ossia, alla maniera terribilmente lucida di Mauro Macario.
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