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Mayra Oyuela - Honduras

  • almanacco
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 6 min

La poesia di Mayra Oyuela è una poesia di resistenza e di lotta, perché prende forma in un paese devastato dalla dittatura. Come ha scritto il poeta guatemalteco Alan Mills: il suo scrivere è violenza delicata e immagini infuocate che trascendono il sogno di una realtà atroce. Ma è anche una poesia di speranza e di difesa della donna.

 

Antonio Nazzaro

 

Scrivendo una casa alla barca

ree

 



Questa casa vola.

La sua altezza scansa un aquilone

che si distorce nella distanza.

Questa casa è un mare

e anche una barca,

dove irritati, usciamo

a contemplare

i delfini più bianchi della follia.

 

questa casa ha un colore, un nome,

il suo capitano Morgan lancia dai suoi ami

Aureliani pesci,

spetri che divoriamo

nel profondo delle insonnie.

 

Questa casa è una barca che scivola

sulle onde di una Tegucigalpa oscura,

mentre umani velieri

navigano lenti

dentro le bottiglie.

 

*

 

Escribiéndole una casa al barco

 

Esta casa vuela.

Su altura conjura un papalote

que se distorsiona a la distancia.

Esta casa es un mar

y un barco también,

donde crispados, salimos

a contemplar

los delfines más blancos de la locura.

 

Esta casa tiene un color, un nombre,

su capitán Morgan lanza de sus anzuelos

Aurelianos peces,

espectros que devoramos

en lo profundo de los desvelos.

 

Esta casa barco se desliza

por las olas de una Tegucigalpa oscura,

mientras humanos veleros,

navegan lento

dentro de botellas.

 

Dalla silloge Escribiendo una casa al barco, 2006

 

 


 

III

 

Si dovrà dire molto nel profondo

e da dentro:

la parola amore dovrebbe essere eliminata

dagli alfabeti,

chi è senza colpa alzi la mano

e mi pugnali.

 

Non ci sono buoni, né cattivi

né sinistri né destri

perché nel momento di uccidere per amore

tutti sono ambidestri;

per questo al diavolo con la politica

al diavolo con l’amore

al diavolo con la poesia

al diavolo con il cuore e la sua angina pectoris.

Ogni dolore è pane

ogni perdono è dolore.

Bisognerà chiamare le cose con il loro nome

Al pane, pane

e all’amore

ah, morire d’amore

ma mai poterlo uccidere

 


 

III


Habrá que decirse muy en el fondo

y para adentro:

la palabra amor debería de ser eliminada

de los alfabetos,

que los libres de culpa levanten la mano

y me apuñalen.

No hay buenos, ni malos,

ni izquierdos ni derechos

porque a la hora de matar por amor

todos somos ambidiestros;

por eso al diablo con la política,

al diablo con el amor

al diablo la poesía,

al diablo con el corazón y sus anginas de pecho.

Todo dolor es pan,

todo perdón es dolor.

Habrá que llamar las cosas por su nombre

al pan, pan

y al amor

¡ay! morir de amor

pero nunca poder matarlo.

 

Dalla silloge: Puertos de arribo, 2009

 




 

Tranviera

 

Porto il mondo come orecchini sulle mie orecchie,

sfioro con le mie ciglia gli sconosciuti,

bacio le mani dei passanti

(formicolio sulle labbra).

Che qualcuno mi abbordi,

sono la metro che questa città non ha mai conosciuto.

audaci in me tutti gli anni,

nel mio passare

nella mia parola ventriloqua di ogni stazione,

nella mia spina e il dente che morde la rosa dell’occulto.

I miei morti non sono ombre logore nella luce.

Che qualcuno mi abbordi,

so qual è l’inizio e la fine di questo racconto.

Che qualcuno salga e si trattenga in me,

i miei occhi sono tunnel che portano da qualsiasi parte,

le mie mani pareti per riposare nel buio,

le mie braccia divani perché veniate a fare l’amore.

Rotto oramai l’intimo in me,

devo saperti percorrere, mondo,

con i pugni chiusi in segno di aiuto e non di difesa

chiusi per tenere in loro il resto dell’aria

che non ha saputo restare nei miei polmoni.

Nell’imperfezione c’è il bello.

Non ho bisogno d’essere il poeta ma la poesia.

la bellezza sta sopra della logica di qualsiasi poeta.

Ho bisogno di camminarti lentamente, cammino,

non mi trattengo nello stupore di sapere venire al mondo:

Ne tuoi quartieri, sono tatuate le pareti di calcarea sottomissione,

nei tuoi quartieri è dove ho imparato a difendere la discesa.

 

12

 

Sono la metro che questa città non ha mai conosciuto;

in me i volantini con le foto dei desaparecidos,

in me i tumuli di parole che qualcuno non ha saputo scopare sotto il tappeto,

nel mio passare.

Che nessuno venga a domandare perché non ti descrivo, speranza,

io parlo di quest’altro bello, che non è nel bello.

Abbordatemi predicatori del pomeriggio,

corvi, pattinatori, studenti: non dimenticate il punzone

e scrivete negli spazi dei miei vagoni

telefoni per appuntamenti d’amore,

DJ, bartenders e tutti con il titolo di esteromania nella vostra professione,

salite macellai del San Isidro, portinai e puttane,

muratori venite a restituire il sorriso

alle principesse della domenica.

Donne: descrivete con il vostro rossetto la carezza che non vi è toccata,

salite, figli di papa delle High school, madri single, suicidi,

docenti, venite a trafficare profumi portati dal Canale di Panama

Venite ad abbordarmi, nel mio passare, tutti gli anni,

la suspense di chi cammina al tuo fianco, nonostante la sua umanità.

So chi sono,

basta una pacca sulla spalla

e ritorno ai miei piedi nauseabondi di sogni,

basta una pacca sulla spalla

e ritorno a me

all’anonimato,

alla flatulenza, all’umana che sono.

Abbordatemi!!!

sono la metro che questa città non ha mai conosciuto,

venite e calzate i mei piedi

visto che mai potrete calzare le mie scarpe.

 

Dalla silloge Puertos de arribo, 2009

 

 


 

Tranviaria

 

Llevo al mundo como pendientes en mis orejas,

rozo con mis pestañas a los desconocidos,

beso manos de transeúntes

(hormigueo en los labios).

Que alguien me aborde,

soy el metro que esta ciudad jamás conoció,

atrevidos en mí todos los años,

en mí el transcurrir,

en mí la palabra ventrílocua de cada estación,

en mí la espina y el diente que muerde la rosa de lo oculto.

Mis muertos no son sombras raídas en la luz.

Que alguien me aborde,

sé cuál es el principio y el final de este cuento.

Que alguien suba y se detenga en mí,

mis ojos son túneles que dan a cualquier lugar,

mis manos paredes para reposar en lo oscuro,

mis brazos sillones para que vengan a hacer el amor.

Roto ya todo lo íntimo en mí,

he de saberte andar, mundo,

con los puños cerrados en señal de auxilio y no de defensa

cerrados para llevar en ellos el resto de aire

que no supo caber en mis pulmones.

En la imperfección está lo bello.

No necesito ser el poeta sino el poema,

la belleza está por encima de la lógica de cualquier poeta.

Necesito andarte despacio, camino,

no me detengo en el asombro de saber llegar mundo:

En tus barrios, tatuadas están las paredes de calcárea sumisión,

en tus barrios fue donde aprendí a defender el descenso.

 

12

 

Soy el metro que esta ciudad jamás conoció;

en mí las volantes con fotos de desaparecidos,

en mí túmulos de palabras que alguien no supo barrer bajo la

alfombra,

en mí el transcurrir.

Que nadie venga a preguntar porque no te describo, esperanza,

yo hablo de eso otro bello, que no está en lo bello.

Abórdenme predicadores de la tarde,

zanates, pirueteros, estudiantes: no olviden el punzón

y escriban en la oquedad de mis vagones

teléfonos para citas de amor,

DJ, bartenders y todos con título de extranjerismo en su

profesión,

suban carniceros del San Isidro, conserjes y putas,

albañiles vengan a devolver la sonrisa

a las princesas de los domingos.

Mujeres: describan con su carmín la caricia que no les tocó,

suban, fresitas de las High school, madres solteras, suicidas,

docentes, vengan a traficar perfumes traídos del Canal de

Panamá.

Vengan a abordarme, en mí el transcurrir, todos los años,

el suspenso del que anda a tu lado, a pesar de su humanidad.

Sé quién soy,

basta una palmada en el hombro

y retorno a mis pies nauseabundos de sueños,

basta una palmada en el hombro

y retorno a mí

al anonimato,

a la flatulencia, a la humana que soy.

¡Abórdenme!!!!!!

soy el metro que esta ciudad jamás conoció,

vengan y calcen mis pies

ya que nunca podrán calzar mis zapatos.

 




 

 

Mayra Oyuela (1982) è un'attivista, poetessa e manager culturale honduregna, cofondatrice del collettivo di poeti Paíspoesible, di Artistas en Resistencia e del progetto Casa Cultural BocaLoba.  Attualmente è membro del comitato editoriale della Secretaría de las Culturas, las Artes y los Patrimonios de Honduras. Ha pubblicato diversi libri di poesia, tra cui: “Escribiéndole una casa al barco” (2006), “Puertos de arribo” (2009), “Agua mala” (2017), “Vaso frío” (2022) e “Agua que sangra agua” (2024). Mayra Oyuela ha partecipato a numerosi festival letterari e simposi culturali in Ibero America. Ha inoltre partecipato come membro della giuria a diversi concorsi letterari nella regione.  Molte delle sue opere compaiono in antologie internazionali, tra cu segnaliamo: “Antologia della poesia honduregna”, traduzione di Emilio Coco, Raffaelli Editore, Italia (2019).

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