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Mauro Ferrari su "La consistenza dell'aria" di Claudia Ambrosini





La consistenza dell’aria è il primo romanzo di Claudia Ambrosini, poetessa, autrice di manuali di lingua cinese, di cui è anche traduttrice, traduttrice dall’inglese, operatrice in campo letterario. Scrittrice a tutto tondo, quindi, che quindi si accosta alla complessità del romanzo in possesso di una competenza profonda dei meccanismi letterari. Il che, in sé, è molto ma non basta. Il romanziere deve avere capacità innate di osservazione e trascrizione dell’umano, quella profondità di sentire che erroneamente si attribuisce solo alla poesia, capacità di gestire i vari piani della narrazione che vanno a costituire l’ossatura e la carne di un romanzo riuscito. Il quale è una  architettura di significati, una stratigrafia di personaggi e storie che si sviluppano su uno sfondo credibile.

Questo non vuole essere un discorso astratto: sto elencando le qualità (e non tutte) del lavoro di Claudia Ambrosini. Il quale si inserisce a pieno diritto in un filone narrativo importante, spesso declinato in prima persona e non di rado con impostazione autobiografica: per restare in campo puntoacapo, segnalo i recenti romanzi di Ornella Cornara, Casa Michelangelo e il giallo sui generis di Cristina Cappellini, Fino all’ultima salita, ma anche il mondadoriano Il mio nome nel vento, di Alessandro Rivali.

Vera, la protagonista di Claudia Ambrosini, parla in prima persona,

ci narra la propria storia e quella di tanti altri, e ci fa partecipare ad esse con grande vicinanza ed empatia.

 

Già, la trama: Claudia Ambrosini dipana la vita di Vera alternando con sapienza il piano presente e i flashback con cui ricostruisce la propria vita travagliata. Ma soprattutto Claudia intesse una tela narrativa che coinvolge tantissimi personaggi, storie ed eventi, sullo sfondo di una Storia che si percepisce in trasparenza, mai invasiva: dalla splendida ricostruzione della gioventù di Vera a Prato Nevoso, prima della guerra, alle prime battaglie femministe, fino alle tensioni politiche degli anni Settanta e ai giorni nostri. In trasparenza dicevo, proprio come uno sfondo pittorico convocato per rapidi tratti.

 

Ma se tutto questo è vero, le tante storie dei personaggi che ruotano attorno a Vera, e che costituiscono a volte il nucleo principale o molto spesso incursioni nella memoria personale (magari attivate da apposite madeleine), danno la solida impressione di una tramatura credibile, con personaggi che non sono mai semplici nomi che si agitano sulla pagina, ma creature reali, non di rado cariche di forza drammatica. L’essenza del romanzo è la solidità della tramatura, che presuppone la capacità dell’autore di tenere insieme tutti i fili e di comunicarci un pathos narrativo tramite la credibilità di storie avvincenti.

Ecco, il pathos de La consistenza dell’aria deriva anche senza dubbio (come ci dicono gli splendidi eserghi poetici, sempre puntuali) dalla formazione poetica dell’Autrice, che non invade mai la narrazione in modo inappropriato, ma balza in primo piano ad esempio nel lavoro psicologico sui personaggi.

Tutto questo appare al massimo grado in Vera, nella sua capacità di affrontare le tragedie della vita, di reagire al mistero che avvolge la vita e la morte del marito, di costruire e ricostruire la propria vita, sempre alla ricerca di equilibrio emotivo e pace interiore.

È poi il finale, che marca un deciso cambio di passo narrativo (e lo vediamo dalla lunghezza ridotta dei capitoli) che fa risaltare ulteriormente la grande capacità dell’autrice di sondare l’animo umano, di indugiare proprio sulla ricerca interiore di Vera. “Ciò che sai amare rimane”, ci dice citando Pound: ecco, il ricordo con le sue incrinature, il presente con la sua aleatorietà, ma anche con gli sprazzi di gioia che ancora può garantire, sono materiale per la poetessa che è in Claudia Ambrosini. Il che è evidente nella splendida metafora della consistenza dell’aria, quella sorta di equilibrio fra la leggerezza che cerchiamo e la pesantezza che è ineludibile.

 

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