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M. Ferrari, I luoghi sospesi di Annamaria Ferramosca

Annamaria Ferramosca, Luoghi sospesi, Nota di Elio Grasso, pp. 104, € 15,00

ISBN 978-88-6679-382-3 

 

 

Libro di interrogativi lancinanti, quello di Annamaria Ferramosca, poetessa che sa far dialogare una preparazione di fondo scientifica con l’impronta forte della cultura umanistica. Con Luoghi sospesi, la poetessa ci consegna una testimonianza letteraria fra le più alte: un libro che affonda il coltello nelle pie/aghe dell’esistenza, con un dettato ricchissimo ma piano, trasparente pur nella personale  e forte ricerca espressiva, fondato su insistenti interrogativi fondamentali e una versificazione libera e franta, che si piega e adatta alle esigenze del significato. Libro di esplorazione quindi, accostabile quanto all’insistenza delle domande al luziano Per il battesimo dei nostri frammenti.

Se tutte le domande e le risposte (provvisorie) della filosofia si addensano nei quesiti elementari ma insolubili Esisto? Cosa è la realtà?, allora la riflessione di Annamaria Ferramosca ruota attorno a questo nucleo, assediandolo con affondi al cuore del problema, e lo fa partendo da un punto di vista preciso e con un percorso che è possibile ricostruire in modo razionale, sfogliando il libro e raccogliendo i sassolini che rappresentano le varie tappe. (Se la disseminazione del significante può essere, come crediamo, spia dell’ossessività della materia del contenuto, allora, solo per portare un esempio concreto, il testo a p. 32 (Solitudine un insulso vuoto) può fornire un esempio paradigmatico almeno con la sequenza SOLItudine/SOLItaria/SOle/Sorge/improvvisoSO/ SOmmerSO ecc.).

 

Tornando allo sviluppo dell’argomentazione: si parte con la costituzione dell’essere, una monade che cerca di individuarsi nella propria solitudine: “bambina / isola d’occhi indagatrice  (p. 9); “Penso / dunque sono?”; “Sola / sola a rimuginare” (p. 14). Il confronto pare poi naturale con “Giacomo il solitario / anche lui monade viva o miraggio?” (p. 28).

Si passa quindi all’individuazione di un Io poetico specificatamente femminile: “con gli anni si increspano i capelli / s’incurva il naso” (p. 13); “adolescente occhi lontani” (p. 18), creatura che spinge con ansia e stupore il mistero sempre un po’ più avanti: “forse sono soltanto / fantasmatiche mie costruzioni?” (p. 10); “sono così misteriose queste cose” (p. 11); “la mia lista di domande” (p. 27). Questa persona (il termine bene indica la qualità “teatrale” del monologare poetico) si distende man mano verso e nel mondo, con le sue “cose che hanno dentro amore” (p. 15) e che sono da “cercare, graffiare” (p. 17) per attribuire ad esse un segno che dia senso. Qui l’amore (il “rovinoso”) emerge quale corrispettivo dell’entropia, della consapevolezza della fuga verso il nulla che entrerà prepotente più avanti: corrispettivo doloroso e anche drammatico, ma costruttivo: è uno Shiva che costruisce sulle macerie dell’apocalisse.

 

Quella di Annamaria è una ricerca amletica: in effetti il personaggio shakespeariano è convocato obliquamente almeno a p. 25, nell’aggallare della tensione tra vita e teatro, finzione e realtà: “un mondo popolato da attori / / sono forse loro i veri vivi? / e solo io non esisto?”. Si pensi non soltanto a versi quali ”tutto il mondo è un palcoscenico” in As You Like It o “E tu, vita, che sei? / Un’ombra che dilegua; un infelice / Mimo che si dibatte e pavoneggia / Sulla scena del tempo”, ma a tutta la riflessione amletica (cioè shakespeariana) sulla vita come finzione. Tanto che il riferimento diviene trasparente a p. 86: “il perché / del viaggio di sola andata // non si ritorna più” (cfr: “il paese mai scoperto / dai cui confini nessun viaggiatore torna”).

 

Questa persona tocca e sfonda finestre e muri per protendersi verso l’esterno (in molti sensi: dall’involucro del proprio corpo alla più vertiginosa ontologia). Finestre e muri forniscono allora simboli della soglia e del limite di un mondo edenico da oltrepassare per affrontare la realtà: “fuori dalla finestra / dove si mostra il mondo” (p. 45); “matta voglia di rompere questi vetri” (p. 36) “di là dal vetro // fuori dalla finestra // è cielo” (p. 55); “basterebbe non so / si aprisse per noi nell’eden / solo una piccola zolla / e un torso di mela vi cadesse” (p. 64),  dove il riferimento è alla conoscenza che nell’Eden è vietata.

 

L’Io scopre infine l’espressione creativa del sé come fondamento per andare oltre, sebbene si scontri con “il duro limite della parola” (p. 45) che va affrontato per “testimoniare”. “Scrivo perché resti dell’umano / almeno un seme” (p. 59), dice l’Io lirico: versi in cui l’atto personalissimo di sentirsi se stessi, individuati nel mondo, diventa tentativo di lasciare una testimonianza, un legame con gli altri, “i tutti [che] abitano in  me” (p. 48). “Ogni volta rinasco se scrivo” (p. 80) non fa quindi riferimento solo alla gioia della creazione, ma va inteso in senso letterale: le tracce che lasciamo scrivendo (il monumento più perenne del bronzo, ciò che resta) sono le tracce della nostra vita, che danno e ci danno vita, cioè luce. Conoscenza. In fondo, questo è l’unico strumento umano che abbiamo per confrontarci a testa alta contro il nulla, l’entropia, il disordine, il caos, la morte.

 

Se il punto di partenza era l’incertezza ontologica più fondamentale, situata fra il perentorio e quasi cartesiano “come posso non esistere?” (p. 67), e il dubbio (“non esisto”, p. 34), si arriva alla conclusione (pur sempre provvisoria) che “io forse sono” (p. 71) e che “la vita è incontro”: bisogna essere in due per conoscere (it takes two to know).

Certo, emerge un’ulteriore  domanda a cui né la fede, né la teologia, il mito e nemmeno la scienza possono dare riposta: “tutta l’armonia del bel corpo / un caso?” (p. 86) perché alla fine sappiamo che lo spreco di vita e bellezza è inesplicabile. Tuttavia, ecco l’imperativo categorico: “fare ordine devo devo / innanzitutto conoscere il perché / del viaggio di sola andata” (p. 86: ancora Amleto), il che riporta al Fortini di Traducendo Brecht: “Nulla è sicuro, ma scrivi.”

 

“perdiamo tutti ma / sarà come vincere” (p. 79) è la conclusione, veramente tragica, di questo viaggio di esplorazione e forse scoperta, anche se più di un pensiero è rivolto a “voi inesistenti / . . . / nei vostri penosi emoticon” (p. 89), non troppo velata polemica con il presente di spettacolarizzazione che tende a rimuovere dubbi e domande.

 

Un insegnamento? Forse, in limine al libro: dopo tanta tensione agonica, abbandonarsi “al buono che ha la bontà di accadere” (p. 93). E se non è conoscenza, è almeno un insegnamento di altissima saggezza.

 

Mauro Ferrari

 

Annamaria Ferramosca ha pubblicato in poesia: Il versante vero (Fermenti 1999), Porte/Doors (Edizioni del Leone 2002), Canti della prossimità, in La Poesia Anima Mundi (puntoacapo 2011), Paso Doble (Empiria 2006, con Anamaría Crowe Serrano), Curve di livello (Marsilio 2006), Other Signs, Other Circles - Selected Poems 1990-2009 (Chelsea Editions 2009, traduzione di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti), Ciclica (La Vita Felice 2014), Trittici-Il segno e la parola (DotcomPress 2016), Andare per salti (Arcipelago Itaca 2017), Per segni accesi (Ladolfi 2021); Luoghi sospesi (puntoacapo 2023).

È presente nelle antologie: Aria di casa, a cura di Donato Valli (Congedo 2005), Blanc de ta nuque, vol I e II (Le Voci della Luna 2011 e 2016), Poeti e Poetiche, a cura di Gianmario Lucini (CFR 2012), Il fiore della Poesia Italiana. I Contemporanei (puntoacapo 2016), Sud - I Poeti, vol. 13, a cura di Bonifacio Vincenzi (Macabor 2022). Ha lavorato nella redazione di Poesia2punto0.com come ideatrice e curatrice della rubrica Poesia Condivisa.

Suoi contributi appaiono su riviste tra cui La Clessidra, L’immaginazione, Le Voci della Luna, Punto, Atelier, Il Segnale, Poiein, Formafluens, Gradiva, Italian Poetry Review, Freeverse, Fire, Poezia. Attualmente collabora con lit-siti e blog (Perigeion, La dimora del tempo sospeso, Versante Ripido, L’EstroVerso, LaRecherche, Neobar, Scritture, Il Giardino dei poeti). È vincitrice dei Premi Gozzano, Renato Giorgi, Astrolabio, Voci Città di Roma e finalista ai premi Camaiore, Pascoli, LericiPea, Montano, Europa in Versi, InediTo. Del 2022 è il Premio alla Carriera “Paesaggio Interiore”.



 

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