Marco Beck sulla sua raccolta di racconti Con l’occhio che sogna (puntoacapo Editrice, 2024)
- almanacco
- 10 feb
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Vorrei esordire con una precisazione in merito alla fonte da cui proviene il titolo del volume, Con l’occhio che sogna. Come attesta in epigrafe la citazione di un discorso pronunciato da Papa Francesco in occasione di un convegno culturale nel 2023, l’immagine dei due occhi, quello di carne con cui guardiamo ciò che vediamo e quello di vetro con cui guardiamo ciò che sogniamo (simbolo, questo secondo occhio, dello sguardo del narratore capace di sognare e far sognare), è stata coniata da «uno scrittore latinoamericano» la cui identità non è stata svelata dal Pontefice. Ma dopo una ricerca in Internet sono ora in grado di attribuire a quel misterioso scrittore un nome e un cognome. Si tratta di Miguel Ángel Asturias, romanziere, poeta, drammaturgo e uomo politico guatemalteco, Premio Nobel per la letteratura nel 1967.
Intendo riservarmi solo un paio di sottolineature di carattere strutturale. La prima riguarda le ambientazioni dei sette racconti, che coprono un arco di tempo trentennale (1993-2023). Milanese di nascita, di genitori e di residenza, amo profondamente la mia città: «questa nostra benedetta maledetta città», come la definì il cardinale Martini. Ma per attivare l’occhio che sogna, l’occhio creativo, ho dovuto e tuttora devo allontanarmene, viaggiare o soggiornare altrove, in clima di vacanza o di visita turistica, in Italia come all’estero. Di ritorno a Milano, l’occhio che vede e l’occhio che sogna collaborano, sul filo della memoria e di una sottile nostalgia, a rielaborare l’avventura vissuta trasfigurandola fantasiosamente, plasmando vari personaggi di pura invenzione e conferendo alla narrazione una verità paradossalmente più “vera” del reale, del quotidiano, dell’ordinario: la verità emozionante dell’immaginazione. Ecco perché Milano non ospita le vicende di alcun mio racconto. Al massimo, compare di scorcio, di riflesso. Ma è un’insostituibile incubatrice per la mia scrittura, sia poetica che narrativa. Di più: è per me una sorta di “intelligenza naturale generativa”. Si spiega, così, lo snodarsi nel libro di città, di borghi, di scenari che spaziano dalla Liguria di Rivattigo/Varigotti alla Terrasanta di Betlemme e Gerusalemme, dai tentacoli di Londra alla campagna toscana, dalla penisola di Neringa nell’avita Lituania all’altopiano di Lavarone in Trentino e infine a Siena, mia antica patria dell’anima.
Seconda sottolineatura: il primato, nella mia narrativa, della femminilità. Già a partire dal brano del Pronao, dedicato a colei che Dante ha celebrato come la «Vergine Madre», «umile e alta più che creatura». Credo sia abbastanza nota la mia “ginofilia”, il mio femminismo esistenziale e poetico, per il quale Cicerone mi definirebbe un irriducibile mulierarius. Nel 2021 ho pubblicato una silloge di poesie tutte “al femminile”: Il sorriso di Lalage. Incontri poetici con la bellezza di volti, voci e cuori femminili. Ebbene, Lalage, la fanciulla dulce ridens cantata da Orazio come paradigma di grazia femminile, continua a sorridere non solo sulla copertina di questo nuovo libro (Renoir, Giovane donna con una lettera) ma in tutti i sette racconti che lo sostanziano, sui volti di tutte le loro protagoniste o co-protagoniste: la coppia madre-figlia di Satis est potuisse videri, ancora Maria madre di Gesù in Il sogno dei padri, l’inquieta diciassettenne di Natale in casa Arnolfini, una coraggiosa ragazzina lituana e la zia incinta in La Notte Santa di Neringa, Maria Maddalena apostola degli apostoli in A porte chiuse, una giovane pianista austriaca in Soldatenfriedhof, un’anziana donna senese in viaggio memoriale nel suo passato dall’alto di un Atollo sul tetto.
Perché è così assolutamente centrale, così dominante la femminilità – rappresentata nella sua inscindibile fisionomia corporea e spirituale – in tutta la mia scrittura non solo prosastica ma anche poetica, specchio fedele del mio vissuto maschile? La risposta è semplice: ciascuna di queste donne giovani, giovanissime o mature incarna e vive con intensità, profondità, passionalità irraggiungibili da noi uomini il mistero straordinario dell’amore eterosessuale. Il mistero di quell’amore che nasce da un innamoramento giovanile, cresce nel tirocinio del fidanzamento e culmina – tra luci e ombre, gioie e sofferenze, crisi e rinascite, slanci di fede e ricadute nell’agnosticismo, cedimenti al peccato e conversioni – nella dimensione coniugale, completata dall’esperienza della genitorialità, dalla costruzione di una famiglia. Il mistero di quell’amore potente, radicale, totalizzante, intreccio di eros e agape, sia esso felice o infelice, sofferto o inebriante, che Luca Desiato ha definito, con splendido ossimoro, «un corpo a corpo d’anime». E che il Qoèlet, mio prediletto libro biblico, ha condensato in una sintesi ineguagliabile: «Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua fugace esistenza che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua sorte nella vita e nelle fatiche che sopporti sotto il sole» (9, 9). Un’esortazione in perfetta consonanza con quella del Libro dei Proverbi (5, 18-19): «Sia benedetta la tua sorgente, / e tu trova gioia nella donna della tua giovinezza: / cerva amabile, gazzella graziosa, / i suoi seni ti inebrino sempre, / sii tu sempre invaghito del suo amore!».
Marco Beck
Marco Beck vive a Milano, dove è nato nel 1949. Laureato in lettere classiche all’Università Statale di Milano, è stato caporedattore delle collane di classici della Mondadori e direttore letterario delle Edizioni San Paolo. Da tempo collabora regolarmente con la redazione culturale dell’«Osservatore Romano».
Come poeta, dopo l’esordio nel mondadoriano «Almanacco dello Specchio», n° 9, 1980, con la “suite” Nel sole e nella tempesta, ha pubblicato diverse raccolte, fra le più recenti Sei tu colui che deve venire? (puntoacapo, 2019), Il sorriso di Lalage (Ladolfi, 2021), E di nuovo lo glorificherò (puntoacapo, 2022) e Con l’occhio che sogna (ivi 2024).
Numerosi i saggi, in parte raccolti nel volume Le mani e le sere (Ladolfi, 2015), i racconti (compresa la partecipazione all’antologia di micronarrativa In poche parole, puntoacapo, 2023), le traduzioni (fra cui l’intero corpus di Orazio per Mursia e Mondadori, 1989-1997), le curatele e i riconoscimenti critici, culminati nel 2023 con l’assegnazione del Premio Camposampiero alla carriera per la poesia religiosa.
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