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Luca Ariano, Tecnocene (inedito)

***

Gennaio per te il mese

del suo compleanno:

sarebbero stati settanta…

In fondo anche lui si confondeva,

colpa di un ufficiale distratto

o troppa fretta di dimenticare le bombe.

La pastiera un totem per la festa

che cerchi in vicoli calcando passi

forse mai percorsi;

eppure ti piace immaginarlo lì

spuntare dietro ogni angolo.

«Ecco l’erede maschio!»

Nell’inverno più caldo da secoli

ti spaventano la nebbia e il gelo

sul selciato ma bruciano i tuoi passi

per il suo ritorno.

Vetri appannati come se attorno

non vi fosse nulla…

sole mani avide di carezze,

labbra screpolate da mordere.

Ancora vedrete Isole di Pasqua

rase di incendi e animali estinti…

materiale per biologi e androidi.



***

Dieci minuti… forse quindici,

lì tra lampioni a led

dove nuovi palazzi invenduti

si mescolano a capannoni dismessi.

In fondo vi basta poco

mentre abbracci il suo sguardo stanco

e vorresti una sera infinita

come quando non pensavate alle stagioni.

La vedrai accanto a tronchi secolari?

Non rimane nulla di boschi

ma laghi di plastica tra venti di guerra…

Ancora si favoleggia di civiltà sepolte,

tesori da salvare

ma di quei mercanti si è perduta la lingua,

reperti saccheggiati, celati in teche.

Sulla pelle senti il timore

di essere licenziata da un androide,

pezzi umani da sostituire,

gettati come un vecchio calcolatore.

Quella nebbia è forse solo smog

che uccide il vostro respiro

mentre ancora credete

che domani la sera sarà più lunga.



***

La Candelora… la Merla

– ti confondevi sempre da bambino,

quando i tuoi nonni raccontavano

storie di inverni tramandati

in fienili e cascinali.

Oggi una primavera anticipata

ma non senti il profumo di fiori,

di una nuova stagione alle porte…

ti soffoca l’aria di portici.

Pare venisse da quella piana la peste,

portata da topi in stive,

da mercanti troppo avidi di impiccare.

Ancora cercheranno una bottega

da distruggere, colonne da erigere

tra processi sommari e patiboli.

Corri verso la stazione

forse solo per un bacio sulla banchina

ma tornerà anche in un giorno di nebbia;

non la vedrai coltivare i suoi tulipani

eppure l’immagini davanti a quel vaso

per ore, come un gesto antico,

gli stessi occhi lucidi d’affanno

di tua nonna mentre pregava la sera.



***

Ancora dal Velux filtrano

raggi di primavera,

un’illusone come se le stagioni

proseguissero,

eppure ti pare di essere fermo

allo stesso tempo.

Il tuo orizzonte di tetti

si perde nel profumo di pizza

– quasi un capriccio, un vezzo

e temi di non riconoscere più

i loro volti:

dove sono quelle voci?

Non celebrano più funerali

ma una fila di bare da cremare.

Ti piacevano quelle mattine a casa,

magari un nuovo gioco,

un libro…

quando rivedrai quel viso da carezzare?

Fare l’amore non sarà più una colpa,

il timore di un passo di troppo,

sguardi bassi e sorrisi celati

da mascherine;

ti abituerai al profumo delle siepi

e ad alberi in fiore che nessuno poterà.



***

Vibra di vento il tetto

– ormai ogni notte –

e gli acquazzoni d’Aprile

li vedi solo dalla finestra.

Non ti sorprendono più pedalando

o a piedi tra borghi di dimore secolari:

il tuo orizzonte una mansarda

e la luce un rettangolo di vetro.

Attendi quel giorno

come un partigiano braccato

di ritorno dalle colline:

una missione segreta

oggi solo un bacio nascosto,

un abbraccio all’ombra

timoroso di nuove sirene.

Le sentiva anche Don Benedetto,

gli aerei Alleati… le bombe

ma mai sarebbe fuggito dai libri:

già un tempo scampò dalle macerie.



***

La luna dalla finestrella

emana un’altra luce,

non quella che vedevi

dal cortile o nelle sere con lei.

Anche il profumo delle rose

pare diverso…

forse l’olfatto di un bambino

o ricordi ingannatori.

Ti pare sfiorarlo tra le strade

di quel paese di chiese e conventi,

proprio lì dove Cimarosa

imparò a suonare;

chi ci fu prima di loro?

Da dove scorre il tuo sangue?

Curiosità sopite… i suoi racconti,

flebile memoria ma un giorno

smise di parlare.

Come non parlarono di rivolte

ai confini dell’Impero:

il sovrano non doveva sapere

che quelle mura mai bastarono.

Testimoni ossa sotto un parcheggio

mentre attendi nuove aurore

come in una cerimonia religiosa

pregando di rivederla sulla porta.


Luca Ariano (Mortara – PV 1979) vive a Parma. Di poesia ha pubblicato: Bagliori crepuscolari nel buio (Cardano 1999), Bitume d’intorno (Edizioni del Bradipo 2005), Contratto a termine (Farepoesia 2010, Qudu 2018) e Tracce nel fango (Ultranovecento, 2011) oltre a testi presenti in antologia. Ha curato Vicino alle nubi sulla montagna crollata (Campanotto 2008) e Pro/Testo (Fara 2009). Nel 2012 per le Edizioni d’If è uscito il poemetto I Resistenti, scritto con Carmine De Falco, tra i vincitori del Premio Russo – Mazzacurati. Nel 2014 per Prospero Editore ha pubblicato l’e-book La Renault di Aldo Moro con una prefazione di Guido Mattia Gallerani. Nel 2015 per Dot.com.Press-Le Voci della Luna ha dato alle stampe Ero altrove, finalista al Premio Gozzano 2015. Nel 2016 presso la Collana Versante Ripido / LaRecherche.it è uscito l’e-book di Bitume d’intorno con una nota di Enea Roversi. Nel 2018 per Qudu è uscita una nuova edizione di Contratto a termine con la prefazione di Luca Mozzachiodi. È redattore di Atelier e de Le Voci della luna. Sue poesie sono tradotte in francese, spagnolo e rumeno.

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