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Lorenzo Morandotti, L'amore terrestre (inediti)

L’amore terrestre



Ogni mattina libera

le fughe dal calcare

i sacchi della spesa

lavare le custodie

e poi buttarsi a fiume


Chi tocca i tendini muore

e lo zucchero a velo

fa un po’ starnutire





Forme di buio



Paziente dell’età

i ricordi non ha scampo

sono prigionieri nei doppi vetri


C’è un’opera d’arte

in tutti gli ospedali

il riso e il teschio

il luminoso schedario





Vizi patologici da posizione



Preghiera dei trapiantati:

finalmente vecchi

nel perimetro

vedono i campi le abitazioni

si stringono alla falce

ma riparano da mesi

le malattie con un limone





Camera delle nuvole



Oppressi da vapori di vernice

chi sa dove riparano i pittori

la sera quando chiudono bottega?


Qui la corsa si dovrà attenere

alla docile usanza del salario,

il primo ricordo che ha del padre

è quando soffoca nel buio del lettino

e all’altro capo del filo, nella metro

fermo per manifestazione

dice subito non potrei tornare


Chi vende cuoio deve piangere e dormire

non cedere altre spoglie

perché mente ogni ricordo

costruito negli anni

con tenacia e meraviglia

e nega l’evidenza





Antichi erbari



Riflessi rami e dita nello specchio

il fiume sa dire

se l’ombra viene al mondo

nel fragore

cerca un punto

di appoggio

e addestramento




La lepre invecchia



L’altra sera che terribile spavento

dice in fretta al buio di una curva

ancora un soffio ed era sotto

la donna vestita di scuro


Cerca sempre di uscire dal fango

la lepre schiacciata nel secolo scorso

rincasando a fari accesi ha visto solo

la zampa si agitava senza vita





Fiore di prudenza



È tutto lì attraverso il buio

nel camminare denso

nei cori avvelenati

che ammoniscono

«rinuncia al tuo bagliore»


Non si esce più da certe scuole

saremo ciò che si misura

dalla qualità dei presenti

tutti amici finché un rimpianto

un paradosso di vergogna

li fa perdere e sparire



Ipogei



«Verso l’ascesi totale»

scrive meno convinto

e per l’ultima volta

cede al sonno

in gesti che muove la pelle

ogni frase un tramonto

di sete e domande





Corpo cenere



Colate di sangue

portano in spalla

i pesi del fiume

grembo rosa su acciaio

si fa latte da navigare


La lampadina esplode

prima che faccia giorno

sa di polvere e corpo

ciascuno corre incontro alla sua notte

una lenta profezia di carne oscura

scende come virgole dai tetti

il pianto dolce di una religione





Compiti dell’erosione



Gli occhi non possono vedere

ma se urtano esce sangue naturale

per fare esercizi in cera gialla

si va a prendere i rami dei gelsi

e sulla bara piccola

un mucchio di panni da stirare




La terra risponde sempre



Sotto la neve pane

ma è morto sdraiato si dice

stava seduto su lana di roccia

ha detto messa e apparecchiato

e ora davanti

un mare di tempo





Notizia


Queste poesie sono state scritte fra il 2019 e il 2021. Alcuni testi sono stati pubblicati nel 2019 sulla rivista La clessidra e nel 2021 sulla rivista L’immaginazione.




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