Flavio Vacchetta - Inedito con nota
IN VITA CON I MORTI
alberi incollati
dal vento ai rami
verdi, alti, famosi
come il nome del pane
richiamo di spine
alla mano
di volti vivi
come frana silenziosa
che avverte del volo
la notte ti inchioda
alla tua croce
il cielo dimora sopra
e sopra
ancora e di nuovo cielo
cosa è che non ha senso?
Ho paura spengo
la notte lentamente
nel palmo della mia mano
un mondo ovattato
lo guardo scruto come paesaggio mite
sconosciuto non sottomesso
alle arcaiche regole umane
mi affido sorridendo
faccio equilibrista
tra asperità e stelle
per aspera ad astra
i bordi vivi
tenebre a forma di cornici
elevato silenzio
scandaglio
creatore
muori o fingi di dormire?
apri la bara di un tuo fratello
guardalo negli occhi
toccalo se ne possiedi il coraggio
staresti tutto il giorno
lì davanti
la voce dei morti
i loro vestiti
le loro azioni terrene
tu sbircia
zittisci tutti
loro vanno puliti vestiti
a dovere possibilmente
con il papillon
anche in caso di cremazione
sacra bara
sacre ceneri
fuggite ma poi
fatevi ritrovare
ho notato
un morto ubriaco
seduto sul divano
lacrimava come i vivi
beveva olio di ricino con olive
affamato com’era
di vita vissuta
quel cadavere come
una fessura che si adagia lenta
nel muro del suo pene
con aria baldanzosa
fendeva nella notte
voi tutti morti
godetevi il silenzio legnoso
del santo regno
veglia funebre che ripete
lasciati amare
2.11.2023
giornata dei morti
Flavio Vacchetta è poeta purissimo, di quella purezza che raccoglie frammenti di vita, aspirazioni e ricordi per farne un canto creaturale che accomuna scrittore e lettore, perché permette di riconoscersi empaticamente nelle esperienze che sono dispiegate sulla pagina. Questo è un obiettivo che impone però al poeta di superare il momento schiettamente personale, i limiti cioè della “sincerità autobiografica” e dell’urgenza di dire, risolvendo il dato personale in riflessione sulla vita attraverso adeguate soluzioni espressive e stilistiche che trasformino le sue parole in poesia.
Oggi che siamo “dopo la lirica” – e probabilmente dopo la poesia – i versi di questo poeta appartato e schivo sono rivelatori di quella parte di interiorità che scopriamo a volte persino con sorpresa, perché questa mole di riflessioni e sentimenti giace sepolta dentro di noi, come una interiorità a cui accediamo con sempre maggior difficoltà – che la poesia tiene in vita e di cui ci fa consapevoli. È in fondo quella interiorità che tanti poetastri citano e sfruttano compiaciuti dei propri versi autobiografici, fermandosi all’esternazione di sentimenti personali che, al di à di ogni sforzo empatico, poco hanno a che fare con la letteratura. Al di là della sorgività del sentire, della sincerità insomma, la poesia (per definizione indefinibile) impone però un colloquio serrato con il mondo, una capacità di visione orizzontale (quindi comprensione intellettuale) del proprio tempo ma anche una tensione verso ciò che sta oltre la nostra immediata percezione e appercezione del mondo. Che poi di qui sia facile scivolare anche nel vacuo misticismo e nella spiritualità d’accatto è vero: sarà compito del poeta, quindi, trovare una quadratura del cerchio che potremmo definire formale: ritmi, accenti, modulazioni di temi e stilemi...
Basta scorrere la poesia di Vacchetta per trovare questa ampiezza e questa profondità, imperniate su un registro colloquiale ricco di appelli a un Tu o a un Voi in cui è facile immedesimarsi ma che fondamentalmente fanno da schermo a una riflessione monologante in modo strenuo sulla vita e sulla morte. E il colloquio con i morti, nella serenità di una fede semplice ma viva, è uno dei due perni della raccolta; l’altro, speculare, è il colloquio con i vivi. Nel complesso, le presenze umane possono essere angelicamente salvifiche, ma anche perturbanti come certe figure che compaiono con maggior reticenza, quasi di spalle o in trasparenza.
Quella di Vacchetta è una poesia che a tratti tende alla forma poematica, o meglio rapsodica, in cui la ricchezza di spunti è risolta nella forma della struttura di frammenti, ma non si può non sotto-lineare la perfetta tenuta delle poesie più brevi, segnatamente quelle che chiudono la raccolta. Nell’uno e nell’altro caso, Flavio Vacchetta dimostra una volta di più una vena personale nel darci una visione della vita, intensa e pro- fonda, che non fatichiamo a riconoscere come vera poesia.
Mauro Ferrari
Flavio Vacchetta vive nel basso Piemonte, al confine con le Langhe tra noccioleti e vigneti. Ha pubblicato, sempre con puntoacapo Editrice: Akeldamà (2009); La scala luminosa (2012), Katagrafé (2016) e La spianata del silenzio (2022).
È incluso nelle antologie Poesia in Piemonte e Valle D’Aosta (puntoacapo 2013) e Il fiore della poesia italiana (ivi 2016).
Purissima poesia, di cui qui è analaizzato. Quello che prende, è il suo flatuse voci, perch>é orchestrale, cosmica relazione col las vita e se ne fa interprete, cantore...