#cosaleggeleditrice - Tenebrezza di Davide Cortese
Oggi per #cosaleggeleditrice la scelta è caduta su un libro L’Erudita Giulio Perrone Editore, “Tenebrezza” di Davide Cortese
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Nella prefazione di Anna Maria Curci già tanto si dice del libro e del titolo. Composto curioso: io per prima ancora alla copertina me ne sono interrogata, ma il gioco che in me risuona di più è quello di tenebra-brezza-tenerezza. Questi tre termini li ritrovo nelle suggestioni post lettura, in quella danza interna tra le ombre, la lievità della parola e al contempo il suo peso denso, il sorriso che molte poesie mi hanno strappato.
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Cogliendo il suggerimento di Raffaela Fazio e non avendo fisicamente il volume qui in Piemonte anziché fotografare le pagine, ricopio sotto qualche esempio (come spiegai tempo fa, su ogni libro ci sono infiniti libri scritti sopra da ciascuno che lo ha avuto tra le mani: la mia copia tornerà, ma al momento è in Veneto in lettura di un caro amico che ha consonanza con la scrittura di Cortese):
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È in tutto somigliante al mio
il viso della tua marionetta.
Ha negli occhi una triste tenebra
a cui il sole ha confidato un segreto.
Gli trema nell’iride un’attesa
che soffia sull’ombra del fuoco.
In tutto somiglianti alle mie
le labbra della tua marionetta:
vi è sopra adagiato un canto
che riposa nel profumo della notte.
Nulla io so del mio spettacolo
come questa tua antica marionetta.
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La poesia sopra riprende un tema a me caro e non risolto che quest’anno è stato esplicitato benissimo da una sezione del libro di Riccardo Olivieri: l’abitare contemporaneamente se stessi e la propria immagine o il manichino (qui marionetta) col quale ci si maschera o col quale si vive il mondo.
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E se come dice Curci nella prefazione si trova il dualismo tra io e gli altri, io vi ho visto anche e soprattutto quel continuo dialogo tra paesaggi (esterno e interiore) con colori che richiamano luoghi diversi.
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Perdura nelle braccia di mia madre
il peso del bambino che sostenne.
Mi strinse con le stesse dita
che toccarono la mezzanotte.
I cavalli disegnati
dalle nuvole un solo istante
hanno ossa che da millenni
brillano su questa terra.
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Un dialogo da intendersi anche tra pagina e necessità di parola. Costantemente messa a confronto con la storia che ci accoglie, illude di un passaggio e poi ci supera, sempre uguale ma sempre superiore al destino dei singoli.
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La domanda riguardo alla necessità della scrittura pervade tutto il libro. È un libro di continui interrogativi impliciti. E di ricerca della realtà in quanto essere a sè (non contenitore delle cose). E le scintille e le luci che si susseguono sono sprazzi di una confortevole quotidianità che interrompe lo stato di inadeguatezza.
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In ogni mia vena scorre la storia
di come il mare divenne infine
il ventriloquo della conchiglia.
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È uno di quei libri che io leggerei di fronte al mare perché è esattamente come lui, in perenne moto e al contempo fermo nel suo mistero.
Foto di Davide Cortese.
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